• 06: Il curioso caso di Papa Marcellino

Traduzione a cura di Joseph Giovanni Fumusa    

Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2010/06/curious-case-of-pope-marcellinus.html

 

Eletto nel 296, Marcellino presiedette la Chiesa di Roma per sette anni senza alcun incidente. Poi, secondo quanto si dice, disertò e prese parte a sacrifici per gli idoli sotto Diocleziano. La storia della sua diserzione è stata ricusata, ma le prove a suo favore sono convincenti. Dei documenti affidabili trattano la storia come un fatto comprovato, sebbene in essi si tenta di presentare il fatto positivamente, dicendo che egli si pentì immediatamente, abiurò e morì da martire.

Una domanda che persiste fino ai nostri giorni è se Papa Marcellino, dopo aver offerto incenso agli idoli pagani durante il regno di Diocleziano, si sia o meno effettivamente pentito e successivamente martirizzato, o se sia morto di morte naturale.

Due fonti, Wikipedia e Catholic Encyclopedia esaminano la questione e spiegano per quale motive la storia di questo Papa sia in effetti curiosa. Le primissime fonti sembrano nascondere il suo peccato, mentre le fonti successive tentano di scagionarlo. Nel suo prologo per il 7 Giugno, San Nikolai Velimirovich narra la seguente versione della vita di Papa Marcellino, una versione della storia in cui lo si scagiona:

LO IEROMARTIRE MARCELLINO, PAPA DI ROMA

Di San Nikolai Velimirovich

Marcellino fu il predecessore di Papa Marcello sul soglio pontificio. Quando l’imperatore Diocleziano lo convocò e lo minacciò di tortura, Marcellino offrì sacrificio agli idoli, azione per la quale gli fu donato un capo prezioso dall’imperatore. Tuttavia Marcellino si pentì amaramente e cominciò a piangere giorno e notte per aver rinnegato Cristo come fece una volta, a suo tempo, l’Apostolo Pietro. In quel tempo si tenne in Campania un’assemblea dei vescovi. Il papa indossò un saio e si cosparse il capo di cenere, entrò in assemblea e confessò il suo peccato di fronte a tutti implorando loro (i vescovi) di giudicarlo. I padri dissero che si sarebbe dovuto giudicare da sé. Quindi Marcellino disse: “Mi privo del mio rango sacerdotale, del quale non sono degno e, per di più, non permetto che il mio corpo venga seppellito dopo la mia morte, ma che venga dato in pasto ai cani!” Avendo detto ciò, maledisse colui il quale si fosse permesso di seppellirlo. Dopo di ciò, Marcellino si recò dall’imperatore Diocleziano, lanciò ai suoi piedi il capo prezioso e confessò la sua fede in Gesù Cristo, respingendo gli idoli. L’imperatore, pieno di rabbia, ordinò che Marcellino fosse torturato e successivamente ucciso fuori la città assieme a tre bravi uomini: Claudio, Cirino e Antonino. I corpi di questi tre uomini furono sepolti immediatamente, ma il corpo del papa fu lasciato lì per trentasei giorni. Quindi San Pietro apparve al nuovo papa Marcello e gli ordinò di seppellire il corpo di Marcellino dicendo: “Chi si umilia sarà esaltato” (Luca 18:14)

 

  • 06: Memoria del Santo Martire Teodoto di Ancyra

a cura di Giovanni Joseph Fumusa

San Teodoto visse ad Ancyra in Galazia (l’odierna Ankara), in un periodo in cui le persecuzioni perpetrate su ordine dell’Imperatore Diocleziano contro i cristiani furono terribili. Molti cristiani vennero imprigionati e torturati, altri cercavano la fuga o un nascondiglio.

Secondo quanto descritto nel “Martirio del Santo Teodoto di Ancyra e di sette vergini con esso” ad opera di Nilo (cfr. Acta Sanctorum, Maggio, vol. IV, p. 149 e ss.), Teodoto era proprietario di una locanda, i cui proventi devolveva a favore della comunità; la stessa locanda divenne rifugio di quanti fuggivano dalle persecuzioni e luogo di culto. Teodoto si mostrò pio nei confronti dei cristiani imprigionati, i quali erano sottoposti a varie torture corporali e psicologiche. Nel “Martirio”, Nilo ricorda come Teodoto recuperasse i corpi dei cristiani che venivano gettati in pasto ai cani per poter donare loro una degna sepoltura.

Le sette vergini a cui si fa riferimento nel titolo del “Martirio” sono Tecusa, zia di Teodoto, Alessandra, Faina, Claudia, Eufrasia, Matrona e Giulitta. Queste avevano confessato di fronte ad un tribunale la loro fede e, a causa di ciò, vennero mandate in una casa di malaffare, dove riuscirono a non essere violate. Furono quindi spogliate delle loro vesti e condotte verso un lago in processione, con musicanti che suonavano i loro strumenti e alcuni spettatori che incrementavano il frastuono battendo i piedi per terra. Altri, tra la folla, provavano pietà per le vergini e ne ammiravano la modestia e versavano lacrime. Alla processione prese parte anche il prefetto Teotecno (definito nel testo γέννημα του δράκοντος / viperinum germen). Alle vergini furono legate delle funi con dei pesi, quindi le sette donne furono gettate in fondo al lago. Dopo due giorni, Tecusa apparve in sonno a Teodoto dicendogli “Dormi, figlio Teodoto, e non ti preoccupi di noi?”. Teodoto si alzò, quindi, e andò a recuperare i corpi delle sette vergini martiri per poterli seppellire.

Per questo motivo fu denunciato e portato davanti al tribunale dove confessò la propria fede.

A causa della sua professione di fede, gli furono strappate le unghie, fu picchiato, i suoi fianchi cosparsi di aceto e bruciati con delle lampade. Vedendo che Teodoto resisteva alle torture e non abiurava la propria fede, Teotecno ordinò che gli fossero tirati via i denti. Poi fu tradotto in carcere.

Teodoto subì un altro interrogatorio ed un’altra tornata di atroci torture che lo condussero alla morte mentre lodava e ringraziava Dio per avergli permesso di entrare nel regno dei cieli. Teotecno ordinò dunque che fosse costruita una pira per dare il corpo del Martire in pasto alle fiamme. Ma ecco che sopra la pira apparve una luce che illuminò tutt’intorno e non permise alle fiamme di lambire il corpo del santo.

Teotecno cercò di porre a guardia del corpo le sue milizie, ma infine un presbitero di nome Frontone riuscì a seppellire il corpo del Santo Martire Teodoto.