20.07 Perché Elia fu inviato- di Sant’Efrem il SIro
Vicariato Arcivescovile della Campania
Elia fu inviato per frenare l’insana furia di Acab e per mostrare con parole e azioni vigorose la verità delle maledizioni che i padri avevano proclamato contro i trasgressori della legge di Dio, affinché non fossero solo vane minacce (…). Mosè scrisse un intero libro di maledizioni e ordinò a Gesù di Navì di proclamarlo di fronte all’assemblea delle tribù di Israele con grande clamore e ad alta voce. In particolare egli menziona la dura carestia e gli altri mali che l’hanno seguita, la mancanza di pioggia, l’aridità, e l’improduttività della terra. Acab li disprezzò e li derise, poiché vedeva quante abbondanti provviste egli aveva, grazie a suo padre che fu re empio proprio come lui. Per questo, l’arroganza di quello doveva assolutamente essere punita.
La ragione principale per cui Elia fu inviato fu l’opera della moglie del re Acab Gezabele, la cui fierezza il Signore voleva umiliare e la cui falsità egli voleva rivelare. Da sola si era nominata ministro di Baal e si era assunta il compito di curare il servizio cultuale d questo dio. Inoltre ella proclamò Baal vero dio con il potere di governare ogni cosa in cielo e in terra, e di far piovere, di bagnare i cieli e dare fertilità ai campi. Prese a testimoni i Sidoniani e i Tiriani e gli altri popoli della Fenicia che in quei giorni erano prosperosi in ricchezze e proprietà più di ogni altro popolo confinante, e soprattutto devoti adoratori di Baal. Per questa ragione e secondo giustizia Elia giunse in un momento di disgrazia, e finalmente ammonì Acab e i suoi capi e li minacciò di alzare su di loro un cielo di rame, come Mosè aveva predetto, e, sotto di loro. stendere una terra di ferro (cf. Dt 28,23).
- 20.07: Memoria dell’assunzione del profeta Elia
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
Il 20 di luglio si celebra l’assunzione del profeta Elia narrata del Quarto Libro dei Regni: … ed ecco che mentre [Elia ed Eliseo] camminavano e parlavano, un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra di loro ed Elia fu preso in un turbine, ascendendo in cielo. Eliseo vedeva e gridava: “Padre, padre! Carro d’Israele e sua cavalleria! “. Poi non lo vide più. (2,1-12). Il primo libro dei Maccabei (2,58) afferma decisamente che Elia fu assunto in cielo (vedi anche Sapienza di Sirach 48,9). Sempre secondo la Scrittura, anche Enoch fu assunto in cielo: mentre infatti di ogni patriarca si dice che “morì”, di lui sta scritto che fu gradito a Dio, e non fu trovato, perché Dio lo aveva traslato (Genesi 5,24 e Sapienza di Sirach 49,14). Secondo una tradizione, è stato assunto in cielo anche l’apostolo ed evangelista Giovanni.
- 20.07: memoria della nostra veneranda madre Marina, Pazza per Cristo
Archimandrita Antonio Scordino
La veneranda nostra madre Marina, pazza per Cristo, nacque nel 1062 a Scanìo (verosimilmente un sobborgo di Messina) dalla famiglia Pandariti. Una famiglia che mi piace immaginare originariamente formata da quel Pandareo che, per sfuggire all’ira di Zeus, fuggì da Creta e si rifugiò in Sicilia. La Vita di Marina racconta che la madre le insegnò la pittura tessile e la istruì nella religione ortodossa, che si conviene ai cristiani ed è la più amata. Sin da giovane scelse la Pazzia per Cristo: una volta schiaffeggiò una sua compagna di giochi, così, senza apparente motivo; in realtà quella poverina era posseduta da un demonio. Fattasi tagliare i capelli, prese il nome di Marina e si diede all’esicasmo in un piccolo kellìon: coloro che erano oppressi da febbri o infiammazione agli occhi, o tumori, o mal d’orecchio, artrite e altre malattie, si rivolgevano a lei con fiducia. Per sfuggire alla fama da cui era circondata, partì tutta sola – travestita da uomo – alla volta di Tripoli di Siria. Qui fu ospitata dal vescovo; ottenuta la sua benedizione, raggiunse a piedi Gerusalemme, e trascorse tre anni in un monastero lungo il Giordano, il più santo tra i fiumi. Tornata in Sicilia, scoprì che i genitori erano morti, e di nuovo pellegrinò a Gerusalemme. Vissuta colà per cinque anni, Marina ha una divina visione che le dice di tornare in Sicilia, perché bisognava che lasciasse questa vita al più presto. Dopo soli sei mesi dal ritorno in patria, partì infatti per la patria celeste. Fu seppellita nel tempio della Theotokos, nel suo stesso villaggio, ma dopo alcuni anni le sue reliquie furono traslate in un oratorio a lei dedicato. Fin qui, fedelmente sunteggiata, la breve Vita: l’oratorio in cui erano deposte le reliquie, forse è quella chiesa di Santa Marina de Cunta (in territorio di Castanea, alla periferia di Messina) che poi fu usurpata. La chiesa oggi è scomparsa, come scomparse sono le reliquie, a meno che non siano della nostra santa quelle che alcuni frati Carmelitani portarono a Sciacca, dicendo che erano di una santa carmelitana di nome Angela: gli stessi Carmelitani pare abbiano copiato – nel 15° secolo – la Vita di santa Marina, attribuendola a una fittizia Angela di Boemia, descritta come monaca carmelitana morta a Praga nel 1243 (ma il ramo femminile dei Carmelitani fu fondato secoli dopo). Gli stessi Carmelitani, nel 15° secolo attribuirono le reliquie di uno sconosciuto martire conservate nella città di Eknomos [Licata, AG] a un ‘carmelitano’, chiamato con poca inventiva Angelo, la cui ‘Vita’ sarebbe stata scritta nientemeno che dal patriarca Enoch attorno al 1225 (sic).