26.07: I Santi Ermolao, Ermippo ed Ermocrate
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
Quando San Pantaleimon (27 luglio) fu interrogato, e gli chiesero da chi avesse appreso la fede cristiana, rispose che fu istruito dal sacerdote Ermolao. Questo fu sufficiente, per far inviare i soldati a prendere Ermolao. Questi di loro sponte, i suoi amici e collaboratori Ermippo ed Ermocrate, lo accompagnarono avanti al giudice di Nicomedia.
Il giudice esaminò dapprima Ermolao, e chiese agli altri due cosa volessero e perché fossero giunti da lui. Questi risposero che erano soldati di Ermolao sotto la bandiera di Cristo, e gli chiesero di avere una morte comune allo stesso modo di come ebbero una comune vita fraterna. Questa risposta, invece di suscitare l’ammirazione del giudice, lo accese di rabbia. Pertanto condannò i tre a morte. Così, con il sacrificio delle loro teste, ottennero i premi immortali degli atleti della fede e dell’amore di Cristo.
Frammenti delle reliquie del Santo si trovano nei Monasteri di Pantokratoros (Santa Montagna dell’Athos), di San Nikanore di Grevenna, di Leimonos di Lesbo e nel Monastero Kykko di Cipro; nella Lavra di San Alessandro Nievsky di San Pietroburgo e nella chiesa di san Giorgio dei Greci.
Frammenti di reliquie sono conservate nella chiesa cattolica di San Simeone Grando di Venezia insieme alle reliquie di Ermocrate ed Ermippo, frammenti delle reliquie del Santo sono conservate anche nella Cattedrale cattolica di Benevento in Campania.
- 26.07: memoria della veneranda madre Ierusalìm (meglio conosciuta come santa Rosalia)
Archimandrita Antonio Scordino
Giovane asceta, è più conosciuta con il nome di Rusalia o Rosalia, ma spesso è confusa con la madre di san Secondino. Il suo culto, un tempo diffuso anche nel Peloponneso e in Rumelia, oggi sembra vivo solo nel Palermitano.
- 26.07: Memoria di San Glisente, eremita nel territorio diocesano di Brescia
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/94414
È molto popolare e venerato nella Val Camonica, ma purtroppo di lui non si hanno sicure notizie storiche. Secondo le tradizioni locali, raccolte da scrittori del sec. XVII, era un soldato dell’esercito di Carlo Magno; dopo la battaglia di Mortirolo ottenne dall’imperatore di ritirarsi dall’esercito per evangelizzare la valle; in seguito sali sul monte di Berzo per fare vita eremitica in una spelonca, dove mori il 6 ag. 796.
Sebbene questa leggenda, nata forse nel sec. XIV-XV non abbia alcun fondamento storico, il culto di Glisente è però attestato almeno fin dal sec. XIII. Nel 1200, infatti, esisteva un altare a lui dedicato nella chiesa di Bovegno, un tempietto gli era consacrato a Nord-Ovest della stessa località, in una zona mineraria; in un atto di permuta redatto nel 1222 è ricordata una chiesa di S. Glisente; nel 1262 fu fondata nella stessa Bovegno una fraglia, o luogo pio, in suo onore con precisi statuti. Episodi della vita di Glisente sono raffigurati negli affreschi della pieve di S. Lorenzo (sec. XVI), in quella parrocchiale di S. Maria in Berzo, e in quella a lui dedicata sul monte che divide il territorio di Berzo da Bovegno e Collio in Valle Trompia (sec. XV). Nell’attuale chiesa parrocchiale di Berzo (sec. XVII) gli è dedicato un altro altare.
Nel sec. XVII G. fu incluso nel Calendario dei santi bresciani e la sua festa fu stabilita al 26 luglio., forse perché gli abitanti di Collio (o di Bagolino) restituirono in quel giorno le reliquie del santo che avevano precedentemente trafugato. Oggi però esse sono di nuovo scomparse e non si sa dove si trovino.
Tratto da
http://www.lupidisanglisente.it/?page_id=34
le diverse tradizioni su San Glisente
- S. Glisente fu un valoroso comandante dell’esercito di Carlo Magno, Re dei Franchi, che seguì Carlo Magno in Valcamonica, ma poi non si sentì di seguire il suo sovrano e lo implorò di potersene restare in questi luoghi. Così prese l’abito di romito e si ritirò su un monte di Berzo, dove morì il 6 agosto del 796. Il giorno dopo alcuni pastori videro una colomba che portava ramoscelli e foglie sul monte. Qui trovarono il corpo dell’eremita, lasciarono alcune sue reliquie nella spelonca e ne portarono altre nella chiesa di S. Lorenzo a Berzo Inferiore.
- S. Glisente e i suoi fratelli, S. Fermo e S. Cristina, giunsero in Valcamonica al seguito dell’esercito di Carlo Magno e poi si ritirarono in eremitaggio: Glisente (aiutato dall’orsa) sui monti di Berzo, S. Fermo (assistito anch’egli da un’orsa, da un’aquila e dal suo scudiero Rustico) su quelli di Borno e S. Cristina sui monti di Lozio. Prima di separarsi per sempre i tre fratelli strinsero il patto di comunicare tra loro ogni sera per mezzo di un falò che ciascuno avrebbe acceso fuori dal proprio romitaggio. Glisente per mettere in contatto Fermo e Cristina, che non potevano comunicare direttamente, accendeva due falò. Così per diversi anni i valligiani ammirarono ogni sera quei fuochi sui monti, finché quelle luci una alla volta si spensero. Dei tre eremiti, narra la leggenda, l’ultimo a morire fu Fermo.
- S. Glisente fu un nobile camuno di origine franca, probabilmente epigono dei signori di Berzo, discendenti da una delle tre famiglie franche di Esine, citate nella donazione di Giselberto del 979.
Fu probabilmente sul monte Roncole che il nobile Glisente, seguendo l’esempio di S. Costanzo, S. Obizio e molti altri, si ritirò a vita di preghiera e meditazione, svolgendo apostolato fra i molti pastori e mandriani che vivevano su quei monti. Sul monte poi sarebbe morto e sulla sua tomba venne edificata la prima chiesa.
- S. Glisente fu un frate Umiliato, fondatore di una casa di Umiliati sul monte di Berzo, intorno alla medesima epoca in cui S. Costanzo di Niardo fondava e dirigeva la casa degli umiliati a Conche. Il santuario di S. Glisente potrebbe essere stato la “domus de Eseno” (casa di Esine), ricordata da un antichissimo catalogo delle Case Umiliate.
Leggere
San Glisente la leggenda dell’eremita tra la Val Grigna e la Val Trompia
http://www.montagnedivalgrigna.it/wp-content/files_mf/librosanglisentedefinitivocorretto25.pdf
- 26.07: Memoria di San Valente (in alcuni codici Valenzio) vescovo di Verona (verso il 531)
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/97551
San Valenzio (o Valente) è il diciottesimo vescovo di Verona. Nella cronotassi ufficiale della diocesi scaligera figura dopo San Gaudenzio e prima di San Germano.
Di questo vescovo non si può garantire la cronotassi esatta, infatti per i vescovi di Verona fino al XI secolo le questione resta ancora aperta. Nel Velo di Classe risulta al sedicesimo posto e il suo nome si trova in un’iscrizione in San Zeno risalente al 1502. San valenzio (+467) è attestato nel Corpus Inscriptionum Latinarum per l’anno 531.
Nel “Catalogus Sanctorum Ecclesiae Veronensis”, mons. Franco Segala ne trascrive l’elogium dal Martirologio della chiesa veronese: “Veronae sancti Valentis eiusdem civitatis episcopi (qui, episcopalis muneris onus optime considerans, nulli unquam labori visus est percepisse ut veronensis populi saluti consuleret).
- 26.07: Memoria di Santa Parasceve, Asceta e Martire a Roma
Tratto da
http://calendrier.egliseorthodoxe.com/sts/stsjuillet/juillet26.html
La Santa e Grande Martire Paraskeve nacque in un villaggio vicino a Roma, sotto il regno di Adriano (117-138), di genitori cristiani, Agatona e Politeia, che avevano pregato il Signore di dare loro la prole. Dio, che riempie sempre il desiderio di coloro che lo temono, concede loro una figlia, che chiamarono Parasceve, poiché era nata il venerdì e per devozione alla passione vivificante di Nostro Signore Gesù Cristo. Fin dalla sua prima infanzia, si dedicò interamente alle cose di Dio. Non avendo alcuna attrazione per i giochi infantili, passava tutto il suo tempo in chiesa a frequentare gli Uffizi o a casa per dedicarsi alla meditazione sulla Parola di Dio o alla preghiera. Quando i suoi genitori morirono, quando aveva dodici anni, distribuì la loro grande ricchezza ai bisognosi, poi si ritirò in un monastero dove ricevette il velo, un segno della sua consacrazione a Dio. Dopo aver trascorso un po’ di tempo in completa sottomissione alla sua igumena, l’ansiosa anima a condividere il tesoro della fede con altri uomini, lasciò il monastero per proclamare il Nome di Cristo da parte delle città e delle campagne. Così portò molti pagani alla vera fede, suscitando la gelosia e l’odio degli ebrei, che la denunciarono al re del paese in cui si trovava. Il sovrano ordinò immediatamente l’arresto della nobile cristiana e la fece comparire davanti a lui. Quando la vide, all’inizio fu stupefatto dalla sua bellezza, poi cercò di attirarla con lusinghe, dicendo: “Se permetti a te stessa di essere convinto dalle mie parole e di accettare il sacrificio agli dei, riceverai grandi ricchezze; ma se persisti, sappi che ti darò terribili tormenti. La fragile ragazza rispose con forte assicurazione: “Non rinnegherò mai il mio dolcissimo Gesù Cristo, e nessuna tortura riuscirà a separarmi dal Suo amore. Perché è Lui che ha detto: Io sono la luce del mondo, e chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Giovanni 8:12). Quanto ai tuoi dei, che non hanno né cielo né terra, saranno sterminati dalla terra e da sotto il cielo (Ger 10:11). L’ira del re divenne infuocata e ordinò ai soldati di mettere sulla testa della Santa un elmo di ferro arrossato dal fuoco. Coperto di rugiada, come i tre giovani nella fornace, Santa Parasceva non provò dolore. Dopo averle strappato i seni, è stata gettata in prigione, con una pesante pietra posta sul petto, ma viene guarita da un angelo apparso in un grande terremoto. Vedendo il miracolo, furono convertiti settanta soldati della guarnigione; furono immediatamente giustiziati per ordine del tiranno che fece apparire di nuovo Paraskeva. Dopo aver reiterato la sua ardente confessione di fede, la Santa fu immersa in un calderone di ottone pieno di piombo fuso. Ma anche in questo caso, il suo corpo aveva ricevuto, attraverso l’ascetismo e la verginità, la serietà della futura incorruttibilità, rimanendo invulnerabile. Non credendo che l’impasto fosse molto caldo, il tiranno si avvicinò e fu accecato dall’ardore del fuoco 5. Comprendendo la sua colpa sotto l’effetto del dolore, cominciò a gridare: “Abbi pietà di me, serva del vero Dio, e dai la luce ai miei occhi, e io crederò nel Dio che proclami. Alla preghiera della Santa , non solo ha recuperato la vista, ma ha anche ricevuto la luce della fede, e su sua richiesta è stato battezzato nel nome della Santa Trinità, con tutto il suo seguito.
Liberata, Santa Parasceve lasciò il paese, per continuare le sue missioni. Mentre era in una città, governata da un certo Asclepio, e proclamando Cristo lì, fu arrestata e portata in tribunale. Alla domanda di Asclepio, chiedendole di declinare la sua identità, fece il segno della Santa Croce e dichiarò che era una serva del Dio che creò il cielo e la terra, che si offrì alla croce e morte per la nostra salvezza, e chi ritornerà in gloria per giudicare i vivi e i morti. Il tiranno l’aveva percossa con le verghe, ma Parasceve continuava a glorificare Dio, il suo sguardo si volgeva al cielo, e quando Asclepio interrompeva i carnefici per offrire sacrifici, lei gli sputacchiava in faccia con disprezzo. Fuori di lui, la faceva battere alle ossa. Ma dopo una notte passata nella segreta, i soldati l’hanno scoperto al mattino, illesa. Mentre chiedeva al re di andare al tempio di Apollo, tutti i pagani si rallegravano, credendo a ciò che era disposta a sacrificare. Quando ha effettuato il segno della croce, dopo aver pregato a lungo, gli idoli sono crollati in un grande ruggito, e la gente ha gridato: “Grande è il Dio dei cristiani! I sacerdoti degli idoli, in gran furia, avendo chiesto al re di porre fine a lei, fu gettata in una fossa, dove mise a morte, con la sua preghiera, un drago e rettili che erano lì.
Notando che tutte le sue imprese erano state invano, Asclepio lo mandò in un altro regno, guidato dal crudele Tarasios.6 Mentre guariva dall’invocazione del nome di Cristo tutti i malati che gli venivano presentati, il re la chiamò per apparire, accusandola di pratiche magiche, e ordinò che fosse gettata in una fossa puzzolente, piena di bestie velenose. Dal segno della croce, questo fango divenne come un prato profumato in primavera, e Parasceve, protetta da un angelo, rimase invulnerabile a tutte le altre torture inflitte a lei. Inoltre, non contenendo più la sua rabbia, il re ordinò ai suoi carnefici di tagliarle la testa Cadendo in ginocchio, Paraskeve pregò con lacrime, affidando la sua anima valorosa a Cristo, il suo Sposo, e chiedendogli di perdonare i peccati per coloro che avrebbero onorato la sua memoria. Quando la sua testa cadde sotto la spada, una voce celeste fu ascoltata per accoglierla nel Regno dei Cieli, la cui venuta aveva annunciato con la parola e il potere. Da allora, i frammenti delle sue reliquie, sparsi nelle chiese sante, hanno compiuto incessantemente molte cure, specialmente per le malattie degli occhi.
- Sebbene Santa Parasceve sia stata per lungo tempo molto popolare, la sua memoria non appare negli antichi Synaxaries e Mena. Riassumiamo qui la sua Passione, composta da Jean d’Eubée (8 ° secolo), che mette la sua memoria il 9 novembre.
- In greco: Paraskévie.
- Secondo altri 20 anni.
- Secondo le versioni recenti, il nuovo imperatore, Antonino Pio (circa 140).
- Nelle passioni recenti, è accecato dalla miscela di pece e olio che Parascève gli lancia contro.
- Nelle passioni recenti, Asclepio si convertì e la santa proseguì la propria missione nel regno di Tarasios.
26.07: Sinassario di Santa Parasceve testo inglese tradotto da Joseph Giovanni Fumusa
Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2016/07/synaxarion-of-saint-paraskevi-martyr.html
Il ventisei di questo stesso mese, facciamo memoria della Santa Venerabile Martire di Cristo Parasceve
Santa Parasceve visse durante il regno dell’Imperatore Antonino (138-161), era originaria di un villaggio dell’antica Roma, figlia di genitori cristiani di nome Agatone e Politia. Erano attenti nel rispettare i comandamenti del Signore e senza figli, per cui supplicarono incessantemente il Signore affinché venisse loro concessa la prole. Dio, che fa la volontà di quanti Lo temono, concesse loro una bambina, che essi chiamarono al Santo Battesimo Parasceve, perché era nata nel giorno di Parasceve (Venerdì).
Si dedicò quindi a Dio da quando era tra le braccia della madre, fu istruita e consigliata dalla madre. Dopo aver appreso le sacre lettere, iniziò a leggere sempre le divine Scritture, e passando il tempo libero nella chiesa di Dio, visse in santa preghiera. Quando morirono i genitori, distribuì tutti i suoi averi ai poveri, fu tonsurata e indossò lo schema di monaca, uscendo tra la gente a predicare il nome di Cristo nostro vero Dio. In questo modo portò molti greci verso la conoscenza di Dio.
In quel periodo, alcuni ebrei presentarono all’Imperatore Antonino delle accuse contro di lei dicendo: “Una tal donna di nome Parasceve predica Gesù il figlio di Maria, crocifisso dai nostri avi.” Avendo udito queste cose, ordinò che la Santa fosse portata al suo cospetto e fu meravigliato ed entusiasta per la sua saggezza e la sua bellezza. Quindi le disse: “Se sei persuasa dalle mie parole, o fanciulla, e sacrifichi agli dei, erediterai molti doni e tanti beni. Se non sei persuasa, sappi che dovrò consegnarti a tanto tormento.” Con pensieri coraggiosi, la Santa rispose all’imperatore: “Lungi da me rinnegare il nome di Cristo mio Dio! ‘Gli dèi che non hanno fatto i cieli e la terra scompariranno dalla terra e da sotto il cielo’ (Ger. 10:11), come disse il Profeta Geremia.”
Ciò fece ardere di rabbia l’imperatore ed ordinò che un elmo di ferro riscaldato fosse posto sul capo della Santa. Quando ciò avvenne, la Santa fu mantenuta incolume da una divina frescura ristoratrice. Meravigliati da ciò, molti greci credettero in Cristo in quel momento. L’imperatore ordinò quindi che un calderone pieno di olio e catrame venisse portato a bollore, e la Santa vi fu posta dentro. In piedi al centro del Calderone, la Martire apparve rinfrescata. Quando la vide l’imperatore, disse “Spruzzami con olio e catrame, Parasceve, affinché possa sapere se il catrame e l’olio brucino.” La Santa si riempì le mani di olio e catrame e spruzzò il miscuglio sul volto dell’imperatore, rendendolo immediatamente cieco. Quindi egli urlò: “Abbi pietà di me, serva del vero Dio. Anche io credo nel Dio che tu predichi.” Avendo detto ciò, gli fu restituita la vista. Per cui credette in Cristo, assieme alle proprie guardie, e ricevettero il Santo Battesimo nel nome della Santa Trinità.
Quando la Santa partì da lì, andò verso altre città e villaggi, proclamando sempre il nome di Cristo. Giunta in una città governate da un uomo di nome Asklepios, venne portata al suo cospetto, la Santa invocò il nome di Cristo, sigillandosi col segno della Venerabile Croce. Confessò di essere cristiane e proclamò Cristo come Dio dei cieli e della terra. Quando il re ebbe udito ciò, fu turbato, e la mandò presso un drago temibilissimo che risiedeva fuori dalla città, il quale sibilava rumorosamente e, quando apriva la bocca, da essa fuoriusciva molto fumo. Quando la Santa si avvicinò al drago, disse: “L’ira di Dio, o bestia, è giunta contro di te.” Quindi soffiò sul drago, e fece il segno della Venerabile Croce. Il drago quindi sibilò rumorosamente, si strappò in due parti e svanì. Il re e quanti erano con lui, vedendo ciò, furono meravigliati e credettero tutti in Cristo.
In seguito, la Santa lasciò quei luoghi, dirigendosi verso un’altra città governata da un altro re di nome Tarasios. Quando fu informato sulla Santa, la chiamò in giudizio. Quando interrogò la Santa, questa confessò di essere cristiana, proclamando Cristo come vero Dio. Perciò fu posta in un calderone pieno di olio, catrame e piombo, sotto cui fu acceso un fuoco. Un Angelo del Signore raffreddò il calderone e ciò che era in esso. Per questo motivo la Martire di Cristo rimase incolume. Dopo aver subito tante altre torture, il tiranno disumano non fu capace a dissuaderla dalla sua solida fede. Infine ordinò che fosse decapitata, e l’anima della Santa volò via vittoriosa verso l’abitazione eterna.
Apolytikion, tono Primo
Rendendo la tua sollecitudine adeguata al nome che degnamente porti, hai ereditato quale dimora la fede che ha il tuo stesso nome, o vittoriosa Parasceve: per questo effondi guarigioni e intercedi per le anime nostre.
Kontakion, Tono Quarto
Poiché abbiamo trovato il tuo santuario, o venerabilissima, come luogo di cura per le anime, in esso noi tutti fedeli a gran voce ti onoriamo, santa martire Parasceve, degna di essere celebrata.
Ikos
La voce dello sposo, chiamandoti come sposa, ti ha ornata di una corona di impassibilità, o gloriosissima Parasceve di mente divina, e ti ha degnamente annoverata tra i vittoriosi e i martiri venerabili; allietandoti con loro, ricordati di quanti celebrano la tua santa festa e si sono riuniti nel tuo tempio: poiché ora che ci troviamo qui, ti offriamo inni dal profondo dell’anima, o santa martire Parasceve, degna di essere celebrata.