• 08: ATTI DEI SANTI MARTIRI SISTO PAPA, FELICISSIMO, AGAPITO E LORENZO DIACONI

La Chiesa Ortodossa celebra la memoria dei santi Sisto, Lorenzo, Felicissimo e Agapito il 10 Agosto.

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Sul finire del mese di agosto del 258, san Cipriano[1] scrisse al vescovo Successo per riferirgli quanto appreso sulla nuova persecuzione scatenata contro i cristiani: “Valeriano, ha inviato un suo rescritto al Senato, dando ordine che i vescovi, i sacerdoti e i diaconi siano giustiziati immediatamente”. Quindi aggiunge quanto appreso sulla comunità cristiana di Roma: “Vi comunico che Sisto ha subito il martirio con quattro diaconi otto giorni prima delle idi di agosto, mentre si trovava nella zona del cimitero[2]. Le autorità di Roma hanno come norma che quanti vengono denunciati quali cristiani, debbano essere giustiziati e subire la confisca dei beni a beneficio dell’erario imperiale”. Il 6 agosto, Sisto II vescovo di Roma antica, era stato catturato durante l’assemblea liturgica nel cimitero di Pretestato[3] e, in seguito, lì decapitato insieme con i diaconi Gennaro, Magno, Stefano e Vincenzo. Sempre a Pretestato compirono il martirio anche Agapito e Felicissimo, mentre l’arcidiacono Lorenzo soffrì la passione quattro giorni più tardi, dopo essere stato sottoposto ad atroce tortura. Ci troviamo di fronte ad una delle pagine più gloriose della storia della Chiesa durante le persecuzioni romane. Cipriano fonda su questa testimonianza il suo invito ai cristiani d’Africa e di tutto l’ecumene “affinché in ogni luogo l’animo dei fratelli possa esserne corroborato e preparato per la lotta spirituale, e ciascuno dei nostri pensi più che alla morte all’immortalità, e consacrato a Dio con tutta la forza della fede e lo slancio d’amore, gioisca piuttosto che avere paura, in questa confessione, in cui sanno che i soldati di Dio e di Cristo non ricevono la morte, ma piuttosto la corona”[4].

Agli odierni cristiani d’Europa, lontani nella mente, nel cuore e nei luoghi da dove centinaia e centinaia di seguaci di Cristo soffrono le persecuzioni del 2000, può essere utile l’esortazione che il beato Agostino di Ippona rivolse ai suoi fedeli, ricordando il martire Lorenzo: “San Lorenzo era diacono della chiesa di Roma. Ivi era ministro del sangue di Cristo e là, per il nome di Cristo, versò il suo sangue. Il beato apostolo Giovanni espose chiaramente il mistero della Cena del Signore, dicendo: «Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16). Lorenzo ha compreso tutto questo. L’ha compreso e messo in pratica. E davvero contraccambiò quanto aveva ricevuto in tale mensa. Amò Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte. Anche noi se davvero amiamo, imitiamo. Non potremmo, infatti, dare in cambio un frutto più squisito del nostro amore di quello consistente nell’imitazione del Cristo, che «patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme» (1 Pt 2, 21). Il bel giardino del Signore possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti. Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre all’effusione del sangue, oltre alla prova della passione, il cristiano debba seguire il Maestro. L’Apostolo, parlando di Cristo Signore, dice: «Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio. Ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso» (Fil 2, 7-8). Cristo si è umiliato: eccoti l’esempio da imitare”. E possa finalmente, a sconfitta del principe di questo mondo, essere accolta la preghiera del martire Lorenzo, affinché questa nuova espressione della Roma pagana che è oggi l’Europa atea ed anticristiana, lavata dal sangue dei martiri si pieghi, ed innalzi il giogo soave ed il carico leggero della salvifica Croce di Cristo.

La Chiesa Ortodossa celebra la memoria dei santi Sisto, Lorenzo, Felicissimo e Agapito il 10 Agosto.

Acta sancti Sixti papae et martyris

Il prefetto Volusiano avea fatto chiudere nel pubblico carcere il beato vecchio Sisto vescovo di Roma, con tutto il suo clero.

Gallieno Cesare chiamò a sé i prigionieri nel tempio di Tellure e disse a Sisto: “Sai tu perché sei qui?”.

Sisto: “Lo so”.

Gallieno: “Fa dunque che tutti lo sappiano, acciò tu viva e il tuo clero aumenti”.

Sisto: “Fo di tutto acciò il mio clero aumenti”.

Gallieno: “Dunque sagrifica agl’imperanti, e siedi tranquillamente principe de tuoi sacerdoti”[5].

Sisto: “Sagrificai, e, sinché sarò libero di farlo, sacrificherò una vittima pura[6] a Dio padre onnipotente, il mio signor Gesù Cristo”.

Gallieno lo fe’ tradurre a carcere privato co’ diaconi Felicissimo e Agapito.

Il beato Lorenzo arcidiacono diessi a seguirlo per via interpellandolo[7]: “Dove vai, o padre, senza del figlio? Dove, o sacerdote senza del diacono? Dove o celebrante senza l’acolito? Che cosa ti è spiaciuta in me? Ho io negato di versar teco il sangue, io che m’ebbi attribuzione di distribuire il sangue di Dio? Bada, ché la umiliazione del discepolo torna a disdoro del maestro. Abramo offerse il figlio; Pietro mandò innanzi Stefano; e tu o padre, rendi palese nel figlio la tua propria virtù; io ne conseguirò la corona, e tu ti sicurerai di non esserti ingannato nella scelta del tuo diacono”. Sisto: “Non io ti abbandono, o Figlio, sibben ti lascio a combattimenti maggiori: a me annoso si addicono le pugne lievi; a te giovine sono serbati i trionfi gloriosi. Cessa dal piangere: soli tre giorni ti separeranno da me; un qualche intervallo sta bene che separi il vescovo dal diacono, e tu sei tale da non aver uopo di me sostenitore: il tuo martirio sarà più illustre del mio, perché non avrai compagni in subirlo: a che volermi presente? Elia rapito non trasmise ad Eliseo il proprio mantello? E tu profitta della dilazione per dividere tra’ poveri, secondo il tuo giudizio, il tesoro della nostra chiesa”.

Sisto, Felicissimo, e Agapito furono ricondotti al tempio di Tellure.

Gallieno: “Avemmo riguardo finora alla tua vecchiezza; arrenditi a’ nostri avvisi, e sagrifica”.

Sisto: “Provvedi a te stesso, infelice! Cessa di bestemmiare; e fa penitenza del sangue de’ santi che hai versato”.

Gallieno lo fece tradurre al tempio di Marte con ordine che, se non sacrificava, venisse spento. Ivi era precorso Lorenzo, che diessi a gridare: “Non abbandonarmi o padre, or che ho eseguita la tua commissione, e il denaro fu distribuito”.

I soldati udendo parlare di danaro poser le mani addosso a Lorenzo, e lo incatenarono.

Di Sisto, di Felicissimo, e d’Agapito[8] le teste furono troncate, e i corpi involati dai fedeli, e sepolti nel cemetero di Callisto.

Pensandosi il Prefetto di Roma che i Cristiani possedesser tesori, e stimandone depositario Lorenzo primo diacono della Chiesa Romana, lo interpellò dicendo: “Voi Galilei costumate lagnarvi di noi, e ci appellate crudeli; voglio chiarirvi bugiardi. Non si tratta di tormenti, ma di chiederti colle buone tal cosa che ti è agevole accordare. È noto, che, celebrando i vostri misteri, usate vasi di preziosi metalli, e candelabri gemmati; dovizie che vi provvengono da padri studiosi di lasciare i figli leggeri di censo, carichi di benedizioni. Trattasi di metter fuori questi tesori celati. So che avete per massima di dare a Cesare ciò ch’è di Cesare; or vedete combinazione propria! A Cesare occorrono precisamente oro ed argento; degnansi, pertanto, richiederne voi, a’ quali riescono superflui: il vostro Cristo si adoperò a spacciare parole, non a ragunar oro; su via dunque: datemi oro, e rimanetevi ricchi di parole”.

Lorenzo: “Confesso che la Chiesa Romana possiede tesori che avanzano di pregio i cesarei. Dammi agio di raccoglierli”.

Furongli accordati tre giorni, durante i quali perlustrò la città, e quanti infermi rinvennevi soccorsi dall’elemosine parochiali, altrettanti nel dì, e nell’ora fissata, raccolse nell’arci-diaconia. Venne, secondo il convenuto, il Prefetto, ed, a mirare quella moltitudine schifosa, diessi a furiosamente gestire, impedito per la rabbia dal parlare.

Lorenzo: “Perché sdegnato così? Mi domandasti i tesori della Chiesa Romana; eccoli”.

Il Prefetto fe’ distender Lorenzo su d’una graticola collocata sovr’accesi carboni. Il Martire, poiché vi stette alcun tempo, disse: “Da questa parte son cotto; voltatemi all’altra”; e poco dopo soggiunse: “Signor mio Gesù fa che Roma si pieghi al giogo della tua fede, acciò più facilmente il Vangelo si diffonda per tutta la Terra; cancella su queste mura la macchia della idolatria; compi sollecitamente l’opera che i Principi degli Apostoli intrapresero in nome tuo”; e spirò[9].

Da: Conte TULLIO DANDOLO, Roma Cristiana nei primi secoli, vol. II – Martiri, Assisi 1866, 122-125.

Introduzione e note a cura di © Tradizione Cristiana

[1] Cipriano sarà decapitato il 14 settembre dello stesso anno.

[2] Le catacombe di Roma sono state spesso ispirazione di storie avventurose. L’idea di un ritrovo segreto in cui primi cristiani si riunissero per evitare di essere scoperti dalle autorità ha acceso l’immaginazione di molti romanzieri. Ma è bene ricordare che le catacombe (o cimiteri, come venivano chiamati dai cristiani per distinguerli nella concezione teologica dalle necropoli pagane) furono utilizzate dai cristiani come luoghi di culto privato e principalmente per la sepoltura, non per la sinassi domenicale. D’altra parte le autorità Romane hanno sempre saputo dell’esistenza di questi luoghi di sepoltura e della loro ubicazione, poiché essendo previsti dalla legislazione in materia dovevano essere registrati. La comunità cristiana era solita celebrare la memoria dei defunti, in particolare dei martiri, sulle loro stesse tombe, un uso che è rimasto invariato ancora oggi nei cimiteri ortodossi, dove i parenti del defunto accompagnati da un sacerdote fanno celebrare sulla tomba del proprio caro il trisagion e benedire i colivi.

[3] Ubicato di fronte al cimitero di Callisto, sul lato sinistro della via Appia, dove sorse un oratorio in memoria di Sisto, Oratorium Xysti.

[4] San Cipriano, Epistola LXXX.

[5] Gallieno sembra non opporsi al culto di Cristo, purché esso divenga, come gli altri culti romani o a Roma tollerati, elemento portante, congruo ed organico al sistema dello Stato, e pertanto, come gli altri culti, anche quello a Cristo venga subordinato al culto dell’imperatore. Non a caso i cristiani di tutti tempi e di tutti i luoghi hanno sempre intravisto l’Anticristo nelle interscambiabili figure del cesaropapista e del papocesarista di turno, ovvero in tutti coloro ed in tutto ciò che, fuori e dentro la Chiesa, tende a sostituirsi o mettersi al di sopra di Cristo.

[6] Hostiam puram, hostiam sanctam, hostiam immaculatam, Panem sanctum vitae aeternae, et Calicem salutis perpetuae (Canone Romano).

[7] Il dialogo tra Lorenzo e Sisto fu ripreso da sant’Ambrogio nel De Officiis c. 41, nn. 205-206-207.

[8] Il corpo di Sisto fu traslato da Pasquale I dalla Cripta dei Papi, nel Cimitero di Callisto, alla cappella “iuxta ferrata”, dedicata a lui e a Papa Fabiano, in S. Pietro in Vaticano.

[9] Secondo la tradizione san Lorenzo fu sepolto da una matrona romana di nome Ciriaca in un terreno di sua proprietà, dove si sviluppò la catacomba omonima. San Costantino nel 330 fece edificare sulla cripta un oratorio. Sisto III (432-440) costruì una grande basilica con tre navate, con l’abside appoggiato all’antica chiesa, sulla sommità della collina dove Lorenzo fu seppellito. Accanto ad essa Pelagio II (579-590) fece costruire un’altra basilica. Nel XIII secolo Onorio III unificò i due edifici, che costituiscono l’odierna basilica di san Lorenzo fuori le mura.

Papa Damaso (366-384) fece affiggere sul sepolcro di san Lorenzo un’iscrizione marmorea, che recita

Verbera carnificis, flammas, tormenta, catenas

vincere Laurenti sola fides potuit.

haec Damasus cumulat supplex altaria donis

martyris egregii suspiciens meritum.

  • 08: Memoria di San Lorenzo diacono e martire

di Sant’Agostino di Ippona

Oggi la chiesa di Roma celebra il giorno del trionfo di Lorenzo, giorno in cui egli rigettò il mondo del male. Lo calpestò quando incrudeliva rabbiosamente contro di lui e lo disprezzò quando lo allettava con le sue lusinghe. In un caso e nell’altro sconfisse satana che gli suscitava contro la persecuzione. San Lorenzo era diacono della chiesa di Roma. Ivi era ministro del sangue di Cristo e là, per il nome di Cristo, verso il suo sangue. Il beato apostolo Giovanni espose chiaramente il mistero della Cena del Signore, dicendo: «Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16). Lorenzo, fratelli, ha compreso tutto questo. L’ha compreso e messo in pratica. E davvero contraccambio quanto aveva ricevuto in tale mensa. Amò Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte.

Anche noi, fratelli, se davvero amiamo, imitiamo. Non potremmo, infatti, dare in cambio un frutto più squisito del nostro amore di quello consistente nell’imitazione del Cristo, che «patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme» (1 Pt 2, 21). Con questa frase sembra quasi che l’apostolo Pietro abbia voluto dire che Cristo patì solamente per coloro che seguono le sue orme, e che la passione di Cristo giova solo a coloro che lo seguono. I santi martiri lo hanno seguito fino all’effusione del sangue, fino a rassomigliarli nella passione. Lo hanno seguito i martiri, ma non essi soli. Infatti, dopo che essi passarono, non fu interrotto il ponte; né si é inaridita la sorgente, dopo che essi hanno bevuto.

Il bel giardino del Signore, o fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti. Con tutta verità fu scritto di lui: «Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4). Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre all’effusione del sangue, oltre alla prova della passione, il cristiano debba seguire il Maestro. L’Apostolo, parlando di Cristo Signore, dice: «Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio». Quale sublimità!

«Ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso» (Fil 2, 7-8). Quale abbassamento! Cristo si é umiliato: eccoti, o cristiano l’esempio da imitare. Cristo si é fatto ubbidiente: perché tu ti insuperbisci? Dopo aver percorso tutti i gradi di questo abbassamento, dopo aver vinto la morte, Cristo ascese al cielo: seguiamolo. Ascoltiamo l’Apostolo che dice: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3, 1).