• 08: La dormizione della Theotokos

di Sua Santità il Patriarca Ecumenico BARTOLOMEO  (30giorni.it)

La Chiesa ortodossa venera intensamente la Madre di Dio – ovvero Theotokos (la Madre di Dio), ovvero Panaghia (la Tuttasanta), come noi preferiamo riferirci a lei – esaltandola non come una pia eccezione ma proprio come un esempio concreto del modo cristiano di affidarsi e rispondere alla vocazione a essere discepoli di Cristo. Maria è straordinaria solo nella sua virtù ordinariamente umana, che noi siamo chiamati a rispettare e imitare come devoti cristiani. La sua morte è commemorata il 15 di agosto, una delle dodici Grandi feste del calendario ortodosso.

E nel comprendere la “sacra alleanza” o mistero di Maria, che «nessuno può avvicinare con mani non esperte», la teologia ortodossa guarda alla Scrittura ma soprattutto alla Tradizione, in particolare alla liturgia e all’iconografia. A questo riguardo, i cristiani ortodossi collegano Maria prima di tutto al suo ruolo nella divina incarnazione come Madre del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, mentre allo stesso tempo la connettono a una lunga serie di esseri umani – e non divini – che implica la continuità della storia sacra conducendo fino alla nascita del Figlio di Dio, Gesù di Nazareth, duemila anni fa. Isolare Maria da questa stirpe preparatoria o “economica” la separa dalla nostra realtà e la mette al margine rispetto alla nostra salvezza. Anche Maria ha bisogno della salvezza – come tutti gli esseri umani; anche se ella è stata considerata “senza peccati personali”, nondimeno ella resta soggetta alla servitù del peccato originale. Anche se ella è «più onorabile dei Cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei Serafini», ciò che vale per noi vale anche per Maria. Benché sia stata «benedetta tra tutte le donne», ella incarna l’unica cosa necessaria tra tutti gli esseri umani, ossia la dedizione alla Parola di Dio e l’affidarsi alla Sua volontà.

Così, mentre i cristiani ortodossi stanno in chiesa e guardano in alto verso il Pantokrator («colui che contiene tutto»), ossia Cristo, che sovrasta le loro teste durante il culto, essi si trovano direttamente di fronte la Platytera («colei che è più spaziosa di tutto»), ossia la Madre di Dio, che sta immediatamente davanti a loro, proprio nella vasta abside che unisce l’altare con il cielo. Dal momento che, nel dare la nascita a Dio Verbo e «concependo l’inconcepibile» nel suo grembo, ella fu capace di contenere l’incontenibile e di rendere descrivibile colui che non può essere circoscritto.

Noi impariamo dalla Scrittura che quando Nostro Signore era appeso alla croce, vide sua madre e il suo discepolo Giovanni e si volse alla Vergine Maria dicendo: «Donna, ecco tuo figlio», e a Giovanni dicendo: «Ecco tua madre!» (Gv 19, 25-27). Da quel momento, l’apostolo ed evangelista dell’Amore si prese cura della Theotokos nella sua propria casa. In aggiunta al riferimento negli Atti degli apostoli (At 2, 14), che conferma che la Vergine Maria era con gli apostoli del Signore nella festa della Pentecoste, la Tradizione della Chiesa tiene fermo che la Theotokos rimase nella casa di Giovanni a Gerusalemme, dove ella continuò il suo ministero in parole e opere.

La tradizione iconografica e liturgica della Chiesa professa anche che al momento della sua morte, i discepoli si trovavano sparsi nel mondo ad annunciare il Vangelo, ma ritornarono a Gerusalemme per rendere omaggio alla Theotokos. A eccezione di Tommaso, tutti gli altri – compreso l’apostolo Paolo – si ritrovarono al suo capezzale. Al momento della sua morte, Gesù Cristo discese per portare la sua anima in cielo. Dopo la sua morte, il corpo della Theotokos fu portato in processione per essere deposto in una tomba vicino al Giardino del Getsemani; quando l’apostolo Tommaso arrivò tre giorni dopo e volle vedere il suo corpo, la tomba era vuota. L’assunzione corporea della Theotokos fu confermata dal messaggio dell’angelo e dall’apparizione di lei agli apostoli, tutte cose che riflettono gli avvenimenti relativi alla morte, sepoltura e risurrezione di Cristo.

Dormizione della Vergine, mosaico della chiesa di Cristo Salvatore in Chora, 1320 circa, Museo di Kariye Camii, Istanbul, Turchia

Dormizione della Vergine, mosaico della chiesa di Cristo Salvatore in Chora, 1320 circa, Museo di Kariye Camii, Istanbul, Turchia

 

L’icona e la liturgia della festa della morte e sepoltura di Maria tratteggiano chiaramente un servizio funebre, sottolineando allo stesso tempo gli insegnamenti fondamentali riguardo alla risurrezione del corpo di Maria. A questo riguardo, la morte di Maria funge come una festa che afferma la nostra fede e speranza nella vita eterna. Ancora: i cristiani ortodossi si riferiscono a questo evento festivo come alla “Dormizione” (Koimisis, o “l’addormentarsi”) della Theotokos, piuttosto che alla sua “Assunzione” (o “traslazione” fisica) in cielo. Perché sottolineare che Maria è umana, che morì e fu sepolta come gli altri esseri umani, ci dà l’assicurazione che – anche se «né tomba né morte potrebbero contenere la Theotokos, nostra incrollabile speranza e sempre vigilante protezione» (dal kontakion del giorno) – Maria è in realtà molto più vicina a noi di quanto pensiamo; non ci ha abbandonato. Come rimarca l’apolytikion per la Festa: «Nella nascita, tu hai preservato la tua verginità; nella morte, tu non hai abbandonato il mondo, o Theotokos. Come madre della vita, tu sei partita verso la sorgente della vita, liberando le nostre anime dalla morte per mezzo delle tue intercessioni».

Per i cristiani ortodossi, Maria non è solo colei che fu “prescelta”. Ella simboleggia soprattutto la scelta che ciascuno di noi è chiamato a compiere in risposta alla divina iniziativa per l’incarnazione (ossia per la nascita di Cristo nei nostri cuori) e per la trasformazione (ossia per la conversione dei nostri cuori dal male al bene). Come san Simeone il nuovo teologo disse nel decimo secolo, noi siamo tutti invitati a diventare Christotokoi (generatori di Cristo) e Theotokoi (generatori di Dio).

Attraverso la sua intercessione, possiamo noi tutti diventare come Maria la Theotokos.

 

(Si ringrazia padre John Chryssavgis per la collaborazione)