Kontàkion.

Idiòmelon.Tono pl.4.

L’incircoscrivibile Verbo del Padre, incarnandosi da te, Theotòkos, venne circoscritto e, riportata all’antica forma l’immagine deturpata, la fuse con la di­vina bellezza. Perciò, proclamando la salvezza, a fatti e a parole vogliamo descriverla.

Ikos.

Questo mistero dell’economia, divinamente ispirato un tempo ai profeti, fu da essi annunziato per noi, giunti alla fine dei tempi avendone ricevuto illuminazione. Ottenuta dunque per esso divina scienza, conosciamo Dio come unico Signore adorato in tre ipòstasi; e rendendo culto a lui solo, con un’unica fede e un solo battesimo, di Cristo ci rivestiamo. Perciò, proclamando la salvezza, a fatti e a parole vogliamo descriverla.

Sinassario del Mineo

Il 21 di questo mese memoria del nostro venerabile padre Giacomo il confessore, vescovo.
Stichi. Avendo sofferto per te, Verbo, Giacomo fu strappato alle ombre della vita. Dopo aver gustato la sete e la miseria, il suo corpo venne sepolto il 21.

Lo stesso giorno memoria di san Tommaso, patriarca di Costantinopoli.
Stichi. Tommaso, lasciando una vita misurabile, trova quella infinita.

Lo stesso giorno memoria dei santi martiri Filèmone e Domnino.
Stichi. Filèmone, vero campione, finendo sotto la spada, dona a Domnino il piacere di perdere anche lui la testa.

Lo stesso giorno memoria del beato nostro padre Berillo, vescovo di Catania.
Stichi. Avendo disprezzato il diavolo e le passioni, Berillo morendo trova doppia corona.

Lo stesso giorno si addormentò in pace san Serapione di Sidone.
Stichi. Colui che aveva distribuito tutto ai poveri, rese anche lo spirito per spogliarsi completamente.

Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.

poi il seguente

Lo stesso giorno, prima domenica dei digiuni, si fa memoria del ripristino del culto delle sante e venerabili icone, attuato dagli indimenticabili imperatori di Costantinopoli Michele e Teodora sua madre, sotto il patriarcato del santo confessore Metodio.
Stichi. Esulto vedendo il culto delle icone un tempo vietato, ora ristabilito.

O immutabile Icona del Padre, per le preghiere dei tuoi santi confessori, abbi pietà di noi. Amìn.

 

  • 03: Memoria di San Berillo, antiocheno di nascita, discepolo di San Pietro e Vescovo di Catania (verso il 90)

Tratto da http://www.cattedralecatania.it/s_berillo.aspx: L’Annuario diocesano 2010 nell’affermare che il cristianesimo a Catania si è diffuso rapidamente e che sotto le persecuzioni di Decio e di Diocleziano, nel sec. III, ha versato il suo sangue, per la fede, la vergine Agata e agli inizi del sec. IV ne ha seguito l’esempio il diacono Euplo, precisa che “recenti studi critici dichiarano priva di ogni valido fondamento la tradizione locale che dice primo vescovo di Catania S. Berillo di Antiochia (di Siria), ordinato da S. Pietro e venuto in questa città etnea nel 42”, mentre la diocesi è storicamente documentata a cominciare dal sec. V. L’edizione del 2000, in occasione del Grande Giubileo, riportava che, nonostante per la sede episcopale catanese, come per le altre dell’isola, non si hanno notizie certe se non tra gli inizi del 4° secolo e le soglie del 6°, la tradizione, tuttavia, consolidatasi in seguito alla conquista bizantina, ha ritenuto come primo vescovo Berillo inviato dall’apostolo Pietro ad evangelizzare Catania, nel 42. Si deve tener presente quanto afferma lo storico della Chiesa mons. Gaetano Zito, preside dello Studio Teologico interdiocesano di Catania, autore dell’opera “Storia delle Chiese di Sicilia” (LEV, 2009). “La fondazione delle diocesi e l’istituzione della gerarchia ecclesiastica in Sicilia”, scrive a pag. 29, “per secoli sono state datate alla prima metà del primo secolo dell’era cristiana e attribuite a una precisa decisione dell’apostolo Pietro che avrebbe ‘ordinato’ alcuni suoi discepoli per inviarli appositamente ad evangelizzare l’isola: Berillo a Catania, Marciano a Siracusa, Pancrazio a Taormina”. “A favore di tale attribuzione”, prosegue il professore, “può supporsi che abbia influito l’affermazione di papa Innocenzo I (401-417)…: anche in Sicilia nessuno ha fondato Chiese se non coloro che l’apostolo Pietro o i suoi successori hanno costituito vescovi. Da tempo ormai la storiografia ha ampiamente dimostrato inconsistente tale ipotesi ed ha acquisito la certezza che, allo stato delle fonti, la struttura ecclesiastica della Sicilia, con vescovi e sedi episcopali ad oggi storicamente certi, va data ad un periodo successivo all’età apostolica”. “La tradizione retrodata fino al 42 … poggia su un apparato documentario risalente al VII-IX secolo, nel periodo cioè della piena bizantinizzazione dell’isola. Tale tradizione ha supporti assai dubbi e appartiene ad un preciso genere letterario, elaborato per attribuirsi l’apostolicità della sede episcopale nel confronto con le Chiese bizantine, per determinare la supremazia della propria sede sulle altre dell’isola e per sostenere che la loro fondazione precedeva anche quella della comunità cristiana di Roma”.
“Né è possibile ricavare dati certi dalla scarna notizia di Luca sulla sosta dell’apostolo Paolo a Siracusa (Atti 28,12) nel suo viaggio verso Roma, nel 59”, aggiunge lo storico, “Nei tre giorni di sosta vi avrà certamente predicato Gesù Cristo. L’episodio, però, non è prova della diffusione del cristianesimo. Non riconsegna la certezza di una locale comunità cristiana, sia all’arrivo di Paolo che dopo la sua partenza, al contrario di quanto il testo degli Atti degli apostoli annota per Pozzuoli, dove ‘trovammo alcuni fratelli’ (28,12). Indicazione che sarebbe stata annotata anche per Siracusa se la predicazione di Marciano, per incarico di Pietro, vi fosse effettivamente accaduta prima, come ritiene la tradizione”. Lo studioso, a proposito della diocesi di Catania, a pag. 357, conferma quanto già affermato: “La tradizione ha identificato il primo vescovo con un certo Berillo, del quale si afferma che nel 42 sia stato ordinato vescovo ad Antiochia da Pietro e da questi appositamente inviato ad evangelizzare Catania. Di lui si fa menzione come protovescovo catanese nella vita di Leone il Taumaturgo dell’VIII secolo, nella Vita di Pancrazio di Taormina, in due testi liturgici del IX secolo (Canoni attribuiti a Teofane Siciliano e a Giuseppe Innografo) che lo esaltavano come primo vescovo petrino. E’ ormai acquisito che la datazione di Berillo non è sostenibile: sia per la cronologia più accreditata della vita di S. Pietro, sia per le difficoltà interne alla comunità apostolica in merito all’apertura ai pagani. La tradizione su Berillo, di conseguenza, è priva di certezza e si presenta come una ricostruzione agiografica redatta nella Catania di fine sec. VIII e inizio sec. IX, quando ormai la città era pienamente soggetta al patriarcato di Costantinopoli e mirava accreditare, presso le Chiese d’Oriente, la fondazione apostolica della sua Chiesa per ottenere l’elevazione a sede arcivescovile e metropolitana. Tuttavia, alla luce di quanto accaduto per Marciano di Siracusa, storicamente attestato ma non come vescovo ordinato anche lui da Pietro ad Antiochia bensì in un tempo successivo a quello sancito dalla tradizione, e cioè almeno tra il sec. III e il sec. IV, potrebbe non escludersi del tutto la storicità di Berillo, collocandolo però nello stesso periodo di Marciano”.
Giuseppe Murabito, postulatore generale dei Missionari oblati di Maria Immacolata, alla voce “Berillo” della Bibliotheca Sanctorum risalente agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, scrive che “secondo il Martirologio Romano, che lo commemora il 21 marzo, e i sinassari greci, Berillo, originario di Antiochia, sarebbe stato ordinato vescovo da S. Pietro e mandato a governare la Chiesa di Catania”. “Ma”, continua l’agiografo, “queste notizie hanno come fonte la ‘Vita e martirio di s. Pancrazio vescovo di Taormina’, composta tra il sec. VIII e il IX (dopo il 776, prima dell’826), che il Lanzoni definisce un ‘romanzo agiografico’ prolisso e bizzarro; ma prima di esso non si ha alcuna menzione di Berillo”. “E’ significativo”, aggiunge, “che s. Gregorio, in tante lettere scritte ai vescovi siciliani, non abbia mai fatto cenno all’origine apostolica … Mentre, pertanto, è da escludersi che Berillo sia vissuto nell’età apostolica, egli potrebbe essere stato vescovo, forse anche il primo, di Catania, alla fine del III secolo o al principio del IV”. Anche le ultime edizioni dell’Annuario Pontificio collocano la fondazione della diocesi Catanensis al sec. I., come Palermo, mentre Siracusa al II e Messina al V. La rubrica del 4 maggio relativa alle Messe proprie delle diocesi di Sicilia (1981), confermata dalla Liturgia delle Ore del Proprio delle Chiese di Sicilia (2004), a proposito della memoria obbligatoria a Catania di S. Berillo, così recita: “Catania onora in s. Berillo il suo primo vescovo. Ciò trova conferma in un panegirico del sec. VIII in onore di s. Leone vescovo di Catania, nel quale l’anonimo autore esalta quel santo come persona degna di sedere sulla cattedra del vescovo Berillo”.
La prof. Maria Stelladoro, perfezionata in Studi Patristici e Tardo Antichi presso l’Università Lateranense, nel saggio “Studi sull’Oriente Cristiano” (Accademia Angelica-Costantiniana di Lettere Arti e Scienze, 5/1, Roma 2001) è del parere dell’origine apostolica pietrina del cristianesimo ellenofono della Sicilia orientale prima ancora che paolina e ritiene attendibili la leggenda di Berillo, che accompagnò S. Pietro “nel suo viaggio in Occidente assieme ad altri vescovi inviati poi ad evangelizzare la Sicilia e l’Italia”, e i legami delle chiese dell’Italia meridionale con Costantinopoli anziché con Roma, come suffragherebbe l’ipotesi di una rotta per mare che da Antiochia avrebbe condotto Pietro a Roma attraverso la Sicilia.
Nel segnalare che in Cattedrale si trovano diverse memorie iconografiche di s. Berillo, sia nel presbiterio maggiore, che in un altare laterale e nelle due facciate della basilica, oltre che in altre chiese della città (in quella monastica S. Giuliano ai Crociferi e nella parrocchiale eponima), si accenna alla secolare tradizione del culto di s. Berillo, il cui nome originario si riteneva fosse Cirillo o Nerillo. Il martirologio dell’imperatore Basilio II (948-988) ne compendia la vita il 21 marzo, in cui ancora è ricordato dai calendari liturgici greco-bizantini, cattolici e ortodossi. La vita di S. Berillo, ricordano i sacerdoti Giuseppe Consoli e Gaetano Amadio in “Santi ed eroi della carità in Catania” (1950), si trova anche nell’inno composto dal santo siracusano Giuseppe Innografo nella prima metà del sec. IX, dove si riferisce che il protoepiscopo avrebbe tramutato una sorgente di acqua amara in dolce e potabile. S. Berillo sarebbe morto, forse anche martire, a tarda età e non si sa dove fu seppellito, anche se le sue reliquie sarebbero state venerate degnamente. La cappella di S. Berillo che alla fine del Cinquecento esisteva alle spalle del tempio primaziale S. Agata la Vetere presso l’oratorio S. Pietro –oggi santuario di S. Agata al carcere- distrutta dal terremoto del 1693, venne ricostruita nel 1795, fuori le mura di levante.
Antonino Blandini
Consultare anche S. Pietro e S. Paolo in Sicilia: I Vescovi e la Chiesa Siciliana del I secolo. Sta in: https://books.google.it/books?id=_eNnAgAAQBAJ&pg=PA6&lpg=PA6&dq=santo+berillo+vescovo+di+Catania&source=bl&ots=2Hqn

Ὁ Ἅγιος Θωμᾶς Πατριάρχης Κωνσταντινουπόλεως  (610)

  • 03: Memoria di San Tommaso Patriarca di Costantinopoli (610)

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

San Tommaso visse nel VII secolo e il 23 gennaio 607 successe al trono patriarcale di Costantinopoli, al patriarca Ciriaco (vedi 27 ottobre).

Si distinse molto presto per la sua pietà, prudenza e modestia. Questi carismi furono apprezzati dal Patriarca Giovanni il Digiunatore (vedi 2 settembre), che lo ordinò diacono e poi sacellario (amministratore).

Come patriarca, Tommaso I ha mostrato grande interesse e cura per le questioni e gli affari del Patriarcato. Edificò la casa Patriarcale vicino a Santa Sofia, con la grande camera tripla, che da lui prese il nome “Thomaitis”. Inoltre in fondo all’edificio installò la Biblioteca Patriarcale.

Rimase sul trono per tre anni e guidò saggiamente il suo gregge, mentre combatteva anche contro gli eretici.

Si addormentò in pace il 20 marzo 610 e fu sepolto il 22 dello stesso mese.

Antichi manoscritti riportano la sua memoria il 18 e il 22 febbraio e il 19, 20, 22 marzo. Il Codice di Parigi 1587 e il Codice di San Pietroburgo 227 del 19 e 20 marzo menzionano anche la festa del rinvenimento delle sacre reliquie di San Tommaso.

Il suo Ufficio si tiene nella Grande Chiesa.

(fonte: www.saints.gr)

 

  • 03: Memoria di San Giacomo il Confessore, vescovo di Catania

traduzione dall’inglese a cura di Joseph Fumusa

Tratto da https://oca.org/saints/lives/2014/03/21/100858-st-james-the-confessor-the-bishop-of-catania

San Giacomo, Vescovo e Confessore, si mostrò incline alla vita ascetica fin dai suoi primi anni.  San Giacomo lasciò il mondo ed entrò nel monastero di Studion, dove fu tonsurato. Condusse una vita severa, piena di opere, digiuno e preghiera. Pio e gran conoscitore della Scrittura, San Giacomo venne elevato al trono episcopale di Catania (Sicilia).

Durante il regno dell’imperatore iconoclasta Costantino V Copronimo (741-775), San Giacono fu sollecitato ripetutamente a non venerare le sacre icone. Lo hanno logorato in carcere, lo hanno affamato e picchiato, ma sopportò coraggiosamente tutti questi tormenti. San Giacomo morì in esilio.

Άγιος Αθανάσιος ο Πατελλάρος, ο Καθήμενος, Πατριάρχης Κωνσταντινουπόλεως21.3

  • 03: Memoria dei Ss. Filemone e Donnino di Roma; di Elia l’eremita

a cura del Protopresbitero Giovanni Festa

Santi Filemone e Donnino di Roma
Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/46250: Nativi, secondo i menologi greci, di Roma, ai tempi delle persecuzioni si diedero a percorrere l’Italia predicando il Vangelo e battezzando gli infedeli che, alla loro infiammata parola, si convertivano in gran numero. Tutto ciò, come era naturale, suscitò l’ira dei culti degli idoli, i quali li presero, li legarono e li consegnarono al preside della provincia. Questi tentò dapprima di indurli a negare Cristo con promesse di onori e doni, indi, non essendosi quelli piegati, li fece distendere nudi in terra e battere ferocemente da quattro littori. Vennero, quindi, chiusi in carcere, poi di nuovo sottoposti a duri tormenti, e infine decapitati un 21 marzo, data alla quale sono ricordati nei sinassari greci e nel Martirologio Romano.
Queste notizie sono, come avvertono i Bollandisti nel Commento al Martirologio Romano, il compendio di una più antica passio perduta.

——————

 Sant’Elia nato nel Canton Vallese poi eremita a San Giulio D’Orta in Piemonte (verso il 457)

Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/91840: Sant’Elia è ritenuto dalla tradizione locale novarese il successore di San Giulio nell’opera di evangelizzazione delle terre cusiane. Secondo la Vita di San Giulio egli avrebbe dato sepoltura al giovane senatore Audenzio, che i famigliari vollero deposto presso la tomba del santo, e si dedicò alla cura della chiesa edificata da Giulio stesso. In seguito, Elia fu ritenuto il secondo vescovo di Sion vissuto agli inizi del secolo V che, per ignoti motivi, lasciata la sua sede episcopale, si sarebbe recato a soggiornare come sacerdote o eremita presso l’isola di Orta. Non è possibile stabilire su quali basi è stata proposta una simile identificazione, non presente nelle più antiche recensioni del racconto della vita di Giulio e per ora non suffragata da alcuna testimonianza storica attendibile. Elia è raffigurato nell’arte locale con abiti marroni, quasi monacali, simili a quelli con cui è ritratto San Giulio, come nell’affresco del XV secolo, visibile sulla parete sinistra della basilica dell’isola, che ricorda l’incontro tra i due santi. Unico riferimento alla sua presunta esperienza episcopale è la mitria, recata da un angelo, accanto al busto reliquiario settecentesco posto in una nicchia del coro. I presunti resti del santo, rinvenuti nel 1697 in una sepoltura individuata sul pavimento della chiesa, vennero successivamente collocati all’interno dell’altare marmoreo della cripta, accanto a quelli degli altri santi dell’isola, ove tutt’ora riposano. Il giorno per il ricordo di Elia era diversamente assegnato dagli antichi calendari al 21 marzo o al 13 aprile.
Consultare anche Brevi note iconografiche sugli affreschi della casa Ronchi di Ornavasso, in https://www.academia.edu/24297040/Brevi_note_iconografiche_sugli_affreschi_della_casa_Ronchi_di_Ornavasso_in_Oscellana_n.1-2_2015

Kontàkion.

Idiòmelon.Tono pl.4.

L’incircoscrivibile Verbo del Padre, incarnandosi da te, Theotòkos, venne circoscritto e, riportata all’antica forma l’immagine deturpata, la fuse con la di­vina bellezza. Perciò, proclamando la salvezza, a fatti e a parole vogliamo descriverla.

Ikos.

Questo mistero dell’economia, divinamente ispirato un tempo ai profeti, fu da essi annunziato per noi, giunti alla fine dei tempi avendone ricevuto illuminazione. Ottenuta dunque per esso divina scienza, conosciamo Dio come unico Signore adorato in tre ipòstasi; e rendendo culto a lui solo, con un’unica fede e un solo battesimo, di Cristo ci rivestiamo. Perciò, proclamando la salvezza, a fatti e a parole vogliamo descriverla.

Sinassario del Mineo

Il 21 di questo mese memoria del nostro venerabile padre Giacomo il confessore, vescovo.
Stichi. Avendo sofferto per te, Verbo, Giacomo fu strappato alle ombre della vita. Dopo aver gustato la sete e la miseria, il suo corpo venne sepolto il 21.

Lo stesso giorno memoria di san Tommaso, patriarca di Costantinopoli.
Stichi. Tommaso, lasciando una vita misurabile, trova quella infinita.

Lo stesso giorno memoria dei santi martiri Filèmone e Domnino.
Stichi. Filèmone, vero campione, finendo sotto la spada, dona a Domnino il piacere di perdere anche lui la testa.

Lo stesso giorno memoria del beato nostro padre Berillo, vescovo di Catania.
Stichi. Avendo disprezzato il diavolo e le passioni, Berillo morendo trova doppia corona.

Lo stesso giorno si addormentò in pace san Serapione di Sidone.
Stichi. Colui che aveva distribuito tutto ai poveri, rese anche lo spirito per spogliarsi completamente.

Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.

poi il seguente

Lo stesso giorno, prima domenica dei digiuni, si fa memoria del ripristino del culto delle sante e venerabili icone, attuato dagli indimenticabili imperatori di Costantinopoli Michele e Teodora sua madre, sotto il patriarcato del santo confessore Metodio.
Stichi. Esulto vedendo il culto delle icone un tempo vietato, ora ristabilito.

O immutabile Icona del Padre, per le preghiere dei tuoi santi confessori, abbi pietà di noi. Amìn.

 

  • 03: Memoria di San Berillo, antiocheno di nascita, discepolo di San Pietro e Vescovo di Catania (verso il 90)

Tratto da http://www.cattedralecatania.it/s_berillo.aspx: L’Annuario diocesano 2010 nell’affermare che il cristianesimo a Catania si è diffuso rapidamente e che sotto le persecuzioni di Decio e di Diocleziano, nel sec. III, ha versato il suo sangue, per la fede, la vergine Agata e agli inizi del sec. IV ne ha seguito l’esempio il diacono Euplo, precisa che “recenti studi critici dichiarano priva di ogni valido fondamento la tradizione locale che dice primo vescovo di Catania S. Berillo di Antiochia (di Siria), ordinato da S. Pietro e venuto in questa città etnea nel 42”, mentre la diocesi è storicamente documentata a cominciare dal sec. V. L’edizione del 2000, in occasione del Grande Giubileo, riportava che, nonostante per la sede episcopale catanese, come per le altre dell’isola, non si hanno notizie certe se non tra gli inizi del 4° secolo e le soglie del 6°, la tradizione, tuttavia, consolidatasi in seguito alla conquista bizantina, ha ritenuto come primo vescovo Berillo inviato dall’apostolo Pietro ad evangelizzare Catania, nel 42. Si deve tener presente quanto afferma lo storico della Chiesa mons. Gaetano Zito, preside dello Studio Teologico interdiocesano di Catania, autore dell’opera “Storia delle Chiese di Sicilia” (LEV, 2009). “La fondazione delle diocesi e l’istituzione della gerarchia ecclesiastica in Sicilia”, scrive a pag. 29, “per secoli sono state datate alla prima metà del primo secolo dell’era cristiana e attribuite a una precisa decisione dell’apostolo Pietro che avrebbe ‘ordinato’ alcuni suoi discepoli per inviarli appositamente ad evangelizzare l’isola: Berillo a Catania, Marciano a Siracusa, Pancrazio a Taormina”. “A favore di tale attribuzione”, prosegue il professore, “può supporsi che abbia influito l’affermazione di papa Innocenzo I (401-417)…: anche in Sicilia nessuno ha fondato Chiese se non coloro che l’apostolo Pietro o i suoi successori hanno costituito vescovi. Da tempo ormai la storiografia ha ampiamente dimostrato inconsistente tale ipotesi ed ha acquisito la certezza che, allo stato delle fonti, la struttura ecclesiastica della Sicilia, con vescovi e sedi episcopali ad oggi storicamente certi, va data ad un periodo successivo all’età apostolica”. “La tradizione retrodata fino al 42 … poggia su un apparato documentario risalente al VII-IX secolo, nel periodo cioè della piena bizantinizzazione dell’isola. Tale tradizione ha supporti assai dubbi e appartiene ad un preciso genere letterario, elaborato per attribuirsi l’apostolicità della sede episcopale nel confronto con le Chiese bizantine, per determinare la supremazia della propria sede sulle altre dell’isola e per sostenere che la loro fondazione precedeva anche quella della comunità cristiana di Roma”.
“Né è possibile ricavare dati certi dalla scarna notizia di Luca sulla sosta dell’apostolo Paolo a Siracusa (Atti 28,12) nel suo viaggio verso Roma, nel 59”, aggiunge lo storico, “Nei tre giorni di sosta vi avrà certamente predicato Gesù Cristo. L’episodio, però, non è prova della diffusione del cristianesimo. Non riconsegna la certezza di una locale comunità cristiana, sia all’arrivo di Paolo che dopo la sua partenza, al contrario di quanto il testo degli Atti degli apostoli annota per Pozzuoli, dove ‘trovammo alcuni fratelli’ (28,12). Indicazione che sarebbe stata annotata anche per Siracusa se la predicazione di Marciano, per incarico di Pietro, vi fosse effettivamente accaduta prima, come ritiene la tradizione”. Lo studioso, a proposito della diocesi di Catania, a pag. 357, conferma quanto già affermato: “La tradizione ha identificato il primo vescovo con un certo Berillo, del quale si afferma che nel 42 sia stato ordinato vescovo ad Antiochia da Pietro e da questi appositamente inviato ad evangelizzare Catania. Di lui si fa menzione come protovescovo catanese nella vita di Leone il Taumaturgo dell’VIII secolo, nella Vita di Pancrazio di Taormina, in due testi liturgici del IX secolo (Canoni attribuiti a Teofane Siciliano e a Giuseppe Innografo) che lo esaltavano come primo vescovo petrino. E’ ormai acquisito che la datazione di Berillo non è sostenibile: sia per la cronologia più accreditata della vita di S. Pietro, sia per le difficoltà interne alla comunità apostolica in merito all’apertura ai pagani. La tradizione su Berillo, di conseguenza, è priva di certezza e si presenta come una ricostruzione agiografica redatta nella Catania di fine sec. VIII e inizio sec. IX, quando ormai la città era pienamente soggetta al patriarcato di Costantinopoli e mirava accreditare, presso le Chiese d’Oriente, la fondazione apostolica della sua Chiesa per ottenere l’elevazione a sede arcivescovile e metropolitana. Tuttavia, alla luce di quanto accaduto per Marciano di Siracusa, storicamente attestato ma non come vescovo ordinato anche lui da Pietro ad Antiochia bensì in un tempo successivo a quello sancito dalla tradizione, e cioè almeno tra il sec. III e il sec. IV, potrebbe non escludersi del tutto la storicità di Berillo, collocandolo però nello stesso periodo di Marciano”.
Giuseppe Murabito, postulatore generale dei Missionari oblati di Maria Immacolata, alla voce “Berillo” della Bibliotheca Sanctorum risalente agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, scrive che “secondo il Martirologio Romano, che lo commemora il 21 marzo, e i sinassari greci, Berillo, originario di Antiochia, sarebbe stato ordinato vescovo da S. Pietro e mandato a governare la Chiesa di Catania”. “Ma”, continua l’agiografo, “queste notizie hanno come fonte la ‘Vita e martirio di s. Pancrazio vescovo di Taormina’, composta tra il sec. VIII e il IX (dopo il 776, prima dell’826), che il Lanzoni definisce un ‘romanzo agiografico’ prolisso e bizzarro; ma prima di esso non si ha alcuna menzione di Berillo”. “E’ significativo”, aggiunge, “che s. Gregorio, in tante lettere scritte ai vescovi siciliani, non abbia mai fatto cenno all’origine apostolica … Mentre, pertanto, è da escludersi che Berillo sia vissuto nell’età apostolica, egli potrebbe essere stato vescovo, forse anche il primo, di Catania, alla fine del III secolo o al principio del IV”. Anche le ultime edizioni dell’Annuario Pontificio collocano la fondazione della diocesi Catanensis al sec. I., come Palermo, mentre Siracusa al II e Messina al V. La rubrica del 4 maggio relativa alle Messe proprie delle diocesi di Sicilia (1981), confermata dalla Liturgia delle Ore del Proprio delle Chiese di Sicilia (2004), a proposito della memoria obbligatoria a Catania di S. Berillo, così recita: “Catania onora in s. Berillo il suo primo vescovo. Ciò trova conferma in un panegirico del sec. VIII in onore di s. Leone vescovo di Catania, nel quale l’anonimo autore esalta quel santo come persona degna di sedere sulla cattedra del vescovo Berillo”.
La prof. Maria Stelladoro, perfezionata in Studi Patristici e Tardo Antichi presso l’Università Lateranense, nel saggio “Studi sull’Oriente Cristiano” (Accademia Angelica-Costantiniana di Lettere Arti e Scienze, 5/1, Roma 2001) è del parere dell’origine apostolica pietrina del cristianesimo ellenofono della Sicilia orientale prima ancora che paolina e ritiene attendibili la leggenda di Berillo, che accompagnò S. Pietro “nel suo viaggio in Occidente assieme ad altri vescovi inviati poi ad evangelizzare la Sicilia e l’Italia”, e i legami delle chiese dell’Italia meridionale con Costantinopoli anziché con Roma, come suffragherebbe l’ipotesi di una rotta per mare che da Antiochia avrebbe condotto Pietro a Roma attraverso la Sicilia.
Nel segnalare che in Cattedrale si trovano diverse memorie iconografiche di s. Berillo, sia nel presbiterio maggiore, che in un altare laterale e nelle due facciate della basilica, oltre che in altre chiese della città (in quella monastica S. Giuliano ai Crociferi e nella parrocchiale eponima), si accenna alla secolare tradizione del culto di s. Berillo, il cui nome originario si riteneva fosse Cirillo o Nerillo. Il martirologio dell’imperatore Basilio II (948-988) ne compendia la vita il 21 marzo, in cui ancora è ricordato dai calendari liturgici greco-bizantini, cattolici e ortodossi. La vita di S. Berillo, ricordano i sacerdoti Giuseppe Consoli e Gaetano Amadio in “Santi ed eroi della carità in Catania” (1950), si trova anche nell’inno composto dal santo siracusano Giuseppe Innografo nella prima metà del sec. IX, dove si riferisce che il protoepiscopo avrebbe tramutato una sorgente di acqua amara in dolce e potabile. S. Berillo sarebbe morto, forse anche martire, a tarda età e non si sa dove fu seppellito, anche se le sue reliquie sarebbero state venerate degnamente. La cappella di S. Berillo che alla fine del Cinquecento esisteva alle spalle del tempio primaziale S. Agata la Vetere presso l’oratorio S. Pietro –oggi santuario di S. Agata al carcere- distrutta dal terremoto del 1693, venne ricostruita nel 1795, fuori le mura di levante.
Antonino Blandini
Consultare anche S. Pietro e S. Paolo in Sicilia: I Vescovi e la Chiesa Siciliana del I secolo. Sta in: https://books.google.it/books?id=_eNnAgAAQBAJ&pg=PA6&lpg=PA6&dq=santo+berillo+vescovo+di+Catania&source=bl&ots=2Hqn

Ὁ Ἅγιος Θωμᾶς Πατριάρχης Κωνσταντινουπόλεως  (610)

  • 03: Memoria di San Tommaso Patriarca di Costantinopoli (610)

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

San Tommaso visse nel VII secolo e il 23 gennaio 607 successe al trono patriarcale di Costantinopoli, al patriarca Ciriaco (vedi 27 ottobre).

Si distinse molto presto per la sua pietà, prudenza e modestia. Questi carismi furono apprezzati dal Patriarca Giovanni il Digiunatore (vedi 2 settembre), che lo ordinò diacono e poi sacellario (amministratore).

Come patriarca, Tommaso I ha mostrato grande interesse e cura per le questioni e gli affari del Patriarcato. Edificò la casa Patriarcale vicino a Santa Sofia, con la grande camera tripla, che da lui prese il nome “Thomaitis”. Inoltre in fondo all’edificio installò la Biblioteca Patriarcale.

Rimase sul trono per tre anni e guidò saggiamente il suo gregge, mentre combatteva anche contro gli eretici.

Si addormentò in pace il 20 marzo 610 e fu sepolto il 22 dello stesso mese.

Antichi manoscritti riportano la sua memoria il 18 e il 22 febbraio e il 19, 20, 22 marzo. Il Codice di Parigi 1587 e il Codice di San Pietroburgo 227 del 19 e 20 marzo menzionano anche la festa del rinvenimento delle sacre reliquie di San Tommaso.

Il suo Ufficio si tiene nella Grande Chiesa.

(fonte: www.saints.gr)

 

  • 03: Memoria di San Giacomo il Confessore, vescovo di Catania

traduzione dall’inglese a cura di Joseph Fumusa

Tratto da https://oca.org/saints/lives/2014/03/21/100858-st-james-the-confessor-the-bishop-of-catania

San Giacomo, Vescovo e Confessore, si mostrò incline alla vita ascetica fin dai suoi primi anni.  San Giacomo lasciò il mondo ed entrò nel monastero di Studion, dove fu tonsurato. Condusse una vita severa, piena di opere, digiuno e preghiera. Pio e gran conoscitore della Scrittura, San Giacomo venne elevato al trono episcopale di Catania (Sicilia).

Durante il regno dell’imperatore iconoclasta Costantino V Copronimo (741-775), San Giacono fu sollecitato ripetutamente a non venerare le sacre icone. Lo hanno logorato in carcere, lo hanno affamato e picchiato, ma sopportò coraggiosamente tutti questi tormenti. San Giacomo morì in esilio.

Άγιος Αθανάσιος ο Πατελλάρος, ο Καθήμενος, Πατριάρχης Κωνσταντινουπόλεως21.3

  • 03: Memoria dei Ss. Filemone e Donnino di Roma; di Elia l’eremita

a cura del Protopresbitero Giovanni Festa

Santi Filemone e Donnino di Roma
Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/46250: Nativi, secondo i menologi greci, di Roma, ai tempi delle persecuzioni si diedero a percorrere l’Italia predicando il Vangelo e battezzando gli infedeli che, alla loro infiammata parola, si convertivano in gran numero. Tutto ciò, come era naturale, suscitò l’ira dei culti degli idoli, i quali li presero, li legarono e li consegnarono al preside della provincia. Questi tentò dapprima di indurli a negare Cristo con promesse di onori e doni, indi, non essendosi quelli piegati, li fece distendere nudi in terra e battere ferocemente da quattro littori. Vennero, quindi, chiusi in carcere, poi di nuovo sottoposti a duri tormenti, e infine decapitati un 21 marzo, data alla quale sono ricordati nei sinassari greci e nel Martirologio Romano.
Queste notizie sono, come avvertono i Bollandisti nel Commento al Martirologio Romano, il compendio di una più antica passio perduta.

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 Sant’Elia nato nel Canton Vallese poi eremita a San Giulio D’Orta in Piemonte (verso il 457)

Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/91840: Sant’Elia è ritenuto dalla tradizione locale novarese il successore di San Giulio nell’opera di evangelizzazione delle terre cusiane. Secondo la Vita di San Giulio egli avrebbe dato sepoltura al giovane senatore Audenzio, che i famigliari vollero deposto presso la tomba del santo, e si dedicò alla cura della chiesa edificata da Giulio stesso. In seguito, Elia fu ritenuto il secondo vescovo di Sion vissuto agli inizi del secolo V che, per ignoti motivi, lasciata la sua sede episcopale, si sarebbe recato a soggiornare come sacerdote o eremita presso l’isola di Orta. Non è possibile stabilire su quali basi è stata proposta una simile identificazione, non presente nelle più antiche recensioni del racconto della vita di Giulio e per ora non suffragata da alcuna testimonianza storica attendibile. Elia è raffigurato nell’arte locale con abiti marroni, quasi monacali, simili a quelli con cui è ritratto San Giulio, come nell’affresco del XV secolo, visibile sulla parete sinistra della basilica dell’isola, che ricorda l’incontro tra i due santi. Unico riferimento alla sua presunta esperienza episcopale è la mitria, recata da un angelo, accanto al busto reliquiario settecentesco posto in una nicchia del coro. I presunti resti del santo, rinvenuti nel 1697 in una sepoltura individuata sul pavimento della chiesa, vennero successivamente collocati all’interno dell’altare marmoreo della cripta, accanto a quelli degli altri santi dell’isola, ove tutt’ora riposano. Il giorno per il ricordo di Elia era diversamente assegnato dagli antichi calendari al 21 marzo o al 13 aprile.
Consultare anche Brevi note iconografiche sugli affreschi della casa Ronchi di Ornavasso, in https://www.academia.edu/24297040/Brevi_note_iconografiche_sugli_affreschi_della_casa_Ronchi_di_Ornavasso_in_Oscellana_n.1-2_2015