3 aprile- Memoria del santo pio padre Niceta il Confessore, igumeno del Monastero di Medikion (IX sec.); di San Giuseppe l’Innografo (886); di sant’Elpidoforo martire; del santo martire Dios
Όσιος Νικήτας ο Ομολογητής Ηγούμενος Μονής Μηδικίου, (IX sec.)
Όσιος Ιωσήφ ο Υμνογράφος, (886)
Άγιος Ελπιδηφόρος,
Άγιοι Δίος,
Βυθόνιος και Γάλυκος,
Όσιος Ιλλυριός,
Άγιος Παύλος ο Ρώσος ο Απελεύθερος,
Όσιος Νεκτάριος του Μπεζέτσκ,
Αγία Αγάπη η παρθενομάρτυς,
Sinassario
Il 3 di questo mese memoria del nostro santo padre e confessore Nikita, igumeno del Monastero del Midìkion.
Stichi. Nikita, come pernice sfuggita alla rete, dalla vita fino ai cieli fugge volando. Il tre Dio ricompensa un servo fedele.
Lo stesso giorno memoria del beato nostro padre Giuseppe l’innografo.
Stichi. O padre, cantore del Dio vivente, ora che sei morto io sono il tuo nuovo cantore.
Lo stesso giorno memoria del santo martire Elpidifòro.
Stichi. Avendo riposto in Dio la speranza immutabile, Elpidifòro viene trapassato a fil di spada.
Lo stesso giorno memoria del martire Dìos.
Stichi. Una tegola scagliata frantuma come un vaso di terracotta il cranio a Dìos, araldo del Vangelo.
Lo stesso giorno memoria del santo martire Vythonio.
Stichi. Vythonio precipitando nell’abisso trovò la chiamata nella profezia della fine.
Lo stesso giorno memoria del santo martire Gàlyco.
Stichi. Gàlyco, con la gola recisa dalle belve, spezzò i denti alla belva infernale.
Lo stesso giorno memoria del nostro venerabile padre Illirio, asceta del monte Myrsio.
Stichi. Cristo salì sul monte degli Ulivi, Illirio dal monte Myrsio sale ai cieli.
Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.
- 04: Memoria del santo pio padre Niceta il Confessore, igumeno del Monastero di Medikion
San Niceta nacque a Cesarea di Bitinia e visse nell’ottavo secolo. Rimase molto presto orfano di madre e crebbe con la nonna paterna e il padre Filareto, che gli garantì una pia educazione. In giovane età si ritirò nel famoso monastero di Medikion, nei pressi della città di Triglia sul Mar di Marmara. Molto presto, a causa delle sue molte virtù, guadagnò l’amore e la stima dei confratelli, i quali, dopo la morte dell’igumeno Niceforo, lo scelsero come suo successore, ai tempi del Patriarca Tarasio.
A causa della sua ferma fede negli insegnamenti e nella tradizione della Chiesa, il Beato venne due volte imprigionato e esiliato, al tempo dell’imperatore Leone V l’Armeno. Richiamato a Costantinopoli dal suo successore Michele II il Balbuziente, fu collocato in un metochio nella zona settentrionale della città, che probabilmente apparteneva al Monastero di Pelecete. Più volte San Teodoro lo Studita scrisse al Beato. In quel metochio il beato Niceta il Confessore si addormentò in pace il 3 aprile dell’anno 824.
- 04: Memoria di San Giuseppe l’Innografo
Archimandrita Antonio Scordino
Nato a Siracusa nell’816 circa, monaco a Latoma di Tessalonica, si fece discepolo di san Gregorio il Decapolita e con lui si stabilì a Nuova Roma. Durante un viaggio per mare verso la penisola italiana, fu catturato dai Saraceni e venduto come schiavo; quando conquistò la libertà, rientrò nella capitale e fondò un monastero presso il tempio di San Giovanni Crisostomo. Qui pose al servizio dell’ortodossia la sua insuperabile arte di innografo, per cui fu punito dalle autorità iconoclaste con l’esilio nel Cherson. Tornato a Nuova Roma, al tempo del patriarca san Fozio, Giuseppe fu skevofilax della Grande Chiesa; si addormentò in pace nell’anno 886.
Giuseppe l’Innografo nacque in Sicilia, figlio di Plotino e Agata. Poiché la Sicilia era sotto la dominazione musulmana, egli andò via dall’isola, e, passando di luogo in luogo, arrivò con S. Gregorio della Decapoli (comm. il 20 novembre) a Costantinopoli, dove ebbe a sopportare non pochi tormenti a causa del suo zelo nella fede. Viaggiando verso Roma fu catturato da pirati arabi e portato a Creta, da dove poi fece ritorno a Costantinopoli. Divenne un eccellente innografo e morì in santità subito dopo l’886. I canoni melismatici dei Minei sono innanzitutto opera di Giuseppe; il suo nome si legge nell’acrostico della Nona Ode. Ha anche composto gran parte del libro sacro chiamato Paraklitikì, che affianca l’Oktòikhos. Per questo motivo, Giuseppe è chiamato l’Innografo per eccellenza.
- 04: Memoria di San Sisto I papa e patriarca di Roma (verso il 125)
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
Martirologio Romano: A Roma, san Sisto I, papa, che, al tempo dell’imperatore Adriano, resse la Chiesa di Roma, sesto dopo il beato Pietro.
Papa dal 115 al 125).
Prete romano, fu eletto con i voti di tutto il clero. Fu lui a disporre che i calici e gli arredi sacri dell’altare potessero essere toccati solo dai sacerdoti
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/48250
Verso la fine del suo regno anche l’imperatore Traiano ritenne di dover mitigare la propria politica persecutoria nei confronti dei cristiani, anche perchè l’ “infamia” di essere cristiano serviva più spesso a risolvere faide politiche e famigliari che non a dirimere questioni religiose.
Questo clima di pseudo tolleranza, che non cambiò comunque i metodi e le persecuzioni, proseguì anche sotto l’imperatore Adriano il quale scrisse al proconsole d’Asia: “Se uno fa le sue accuse e dimostra che i cristiani operano contro le leggi, allora la colpa deve essere punita secondo la sua gravità. Ma se qualcuno si avvale di questo pretesto per calunniare allora quest’ultimo che deve essere punito”.
In questa realtà nacque Sisto I, figlio di pastori romani, si presume sia assurto al soglio intorno al 115.
A Sisto primo si deve l’introduzione di molte norme di culto, tra le quali il divieto ai laici di toccare il sacro calice e la patena lasciando agli uomini di culto questi atti.
A Sisto I venne fatta risalire anche l’introduzione del triplice cantico “Sanctus” durante la celebrazione della messa ma questo è dubbio, come è dubbia l’ attribuzione, a Sisto, l’introduzione dell’acqua nella celebrazione del rito eucaristico e dell’acqua santa per le abluzioni ( n.d.a: queste ultime attribuite al suo predecessore, Alessandro I).
La tradizione lo considera sepolto accanto al corpo di Pietro, come per altro tutti i predecessori ; l’unica cattedrale dove ancora viene celebrato come santo è quella di Alatri (nda: cittadina in provincia di Frosinone). E’ protettore anche di Alife (CE) che lo festeggia l’11 agosto.
La festa di San Sisto ad Alife
Intorno all’anno 1130, Rainulfo, il conte normanno che in quel tempo risiedeva ad Alife, si trovava a Roma in compagnia dell’antipapa Anacleto II, mentre tutta la contea di Alife era flagellata da un’epidemia di peste.
Il conte, allarmato e preoccupato, chiese ad Anacleto II di portare fino ad Alife una reliquia di un grande Santo affinchè con un miracolo ponesse fine alla tragedia.
Nonostante l’amicizia reciproca tra Rainulfo e Anacleto II, quest’ultimo non era d’accordo nel mandare in giro le reliquie dei Santi custodite nel Vaticano, visto l’impegno e gli sforzi che la Chiesa stava compiendo nel recuperarle dagli angoli più remoti di quello che un tempo era l’Impero Romano.
Una notte in cui il conte era ancora ospite dell’antipapa, una trave di legno che sosteneva una parte dell’antica Basilica di San Pietro, cadde su un altare scoperchiando la reliquia di San Sisto I.
Quest’avvenimento fu interpretato da tutti i fedeli come segno che quel santo, San Sisto I, aveva intenzione di rispondere alle richieste dal conte Rainulfo.
Dopo queste vicende, pressato anche dalla coscienza ecclesiastica e dai fedeli, Anacleto II accettò di prestare la reliquia di San Sisto I al conte Rainulfo che la spedì verso Alife su una mula, delle guardie e degli emissari.
Le due versioni
Da qui, la storia si divide in due diverse versioni che raccontano il cammino della reliquia del Santo fino ad Alife.
La prima versione racconta che la mula che trasportava la reliquia, percorrendo la strada che portava ad Alife giunse ad un bivio che conduceva ad Alatri.
La mula iniziò a percorrere la strada che saliva verso Alatri e nonostante le percosse per ricondurla sulla strada predestinata, non volle cambiare rotta, raggiungendo testardamente la chiesa principale del paese di Alatri.
Qui la mula si inginocchiò e la popolazione di Alatri decise di tenere per sè il Santo, donando agli alifani un solo dito della reliquia.
La seconda versione invece, racconta che la mula viaggiò senza deviazioni fino ad Alife, dove raggiunse la chiesa extra moenia (fuori le mura), e qui si inginocchiò lasciando la propria orma in un sasso (ancora oggi custodito nel luogo dove si inginocchiò). La Peste cessò e la reliquia venne custodita all’interno della chiesa.
Oggi recenti studi hanno accertato che le cittadine di Alatri e Alife conservano ognuna la metà delle spoglie del Santo: da qui è nato il gemellaggio tra le due.
PS sull’Antipapa Anacleto II consultare
http://www.sapere.it/enciclopedia/Anacl%C3%A8to+II.html
- 04: Memoria di Sant’Attalo, igumeno a Taormina
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
Sant’Attalo, igumeno a Taormina
Secondo il chronicon benedettino del 1483 Attalo fu abate nel secolo IX del monastero posto presso Taormina, e morì il 3 Aprile.
Così il chronicon: “Sanctus Attalus, Abbas monasterij positi apud Tauromenium Siciliae, cuius natale solemnizatur III Nonas Aprilis“