18 aprile- Memoria del beato Giovanni l’esicasta (8° sec.); del beato Saba il nuovo, di Calimno (1948) [si festeggia 14 giorni prima di Pasqua]; del santo martire Saba il goto, generale (IV sec.); della beata Atanasia di Egina, taumaturga; di san Giovanni il sarto, neomartire di Ioannina (1526); di san Cosma il confessore, vescovo di Calcedonia (IX sec.); di san Tunom l’emiro, martire (1579); di sant’Acacio II, vescovo di Melitene (V sec.); del beato Naucrazio lo studita (IX sec.); del santo Cirillo VI, ieromartire (1821)
Άγιος Κύριλλος ο ΣΤ’ ο Ιερομάρτυρας
Όσιος Ματθαίος
Όσιος Ματθαίος
Όσιοι Αντώνιος και Φήλικας
Sinassario
Kontakion. Tono 3. La Vergine oggi.
Colei che un tempo era piena di ogni sorta di fornicazioni, è divenuta oggi sposa di Cristo grazie al pentimento, desidera la vita degli angeli e batte i demòni con l’arma della croce: così sei divenuta sposa del Re, o gloriosa Maria.
Ikos.
Celebriamo con canti l’agnella e figlia di Cristo, l’illustre Maria, apparsa come prole d’Egitto, che però ne fuggì tutta la seduzione e sola si offrì alla Chiesa come rampollo perfetto, esercitandosi nell’ascesi, mediante continenza e preghiera, oltre la misura dell’umana natura: perciò il solo Onnipotente esaltò la sua vita e il suo operato. Prega per noi, gloriosa Maria.
Sinassario
Il 18 di questo mese memoria del nostro santo padre Giovanni, discepolo di Gregorio il decapolita.
Stichi. Esulta, Giovanni, come Giovanni, non all’interno del grembo, ma dentro all’Eden. Il diciotto Giovanni fu visto morto.
Lo stesso giorno memoria del santo martire Saba, lo stratilata goto.
Stichi. Saba ha attraversato l’acqua corrotta del piacere per bere l’acqua del piacere incorrotto.
Lo stesso giorno memoria del nostro santo padre Cosmàs, vescovo di Calcedonia.
Stichi. Spezzando le tue frecce e cambiandoti, o vita, Cosmàs era, come si dice, fuori della portata delle frecce.
Lo stesso giorno memoria della nostra santa madre Atanasia la taumaturga.
Stichi. Alla vetta dell’immortalità offro una corona immortale di parole.
Per le preghiere dei tuoi santi, o Cristo Dio, abbi pietà di noi e salvaci. Amìn.
• 18.04: Memoria di San Calogero Martire a Brescia sotto Adriano verso il 119
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/49950
La storia di San Calogero di Brescia, il cui nome è spesso riportato anche nella particolare forma di Calocero e che le fonti agiografiche chiamano anche col nome romano di Caio, si può desumere dagli atti dei santi Faustino e Giovita (Passio beatissimi martyris Faustini et Iovite – Epitome della I, II e III parte della “Legenda Maior”) per opera dei quali si era convertito al Cristianesimo. Tutti e tre, infatti, erano soldati bresciani e probabilmente militavano nella medesima coorte poiché, allorché dovettero essere processati, vennero insieme trasferiti a Milano. Il processo si svolse presso le Terme d’Ercole ma nessuno dei tre abiurò la fede. Fu così che, condannati a morte, vennero condotti presso un tempio fuori le mura, poco lontano dall’anfiteatro, in uno spiazzo usato per le corse dei cavalli. Questa era probabilmente un’area che in origine, quando Milano era ancora la Midland dei Celti, era considerata sacra ed è molto verosimile che lì sgorgasse anche una sorgente, ritenuta miracolosa dalla popolazione, poi, nel 222 a.C., alla conquista di Milano, il console Marcello aveva sostituito il tempio celtico con uno dedicato a Giove e l’area era rimasta sacra per secoli, conservando un ampio spiazzo tutt’attorno; ma col passare del tempo e il mutare delle consuetudini, i passatempi della comunità erano diventati più rozzi e l’area sacra del tempio di Giove fuori le mura era diventata una pista per le corse. La zona in realtà alle corse si prestava ben poco poiché era lasciata a prato e non aveva alcun tipo di pavimentazione che le rendesse quantomeno sicure: correre coi cavalli in quella zona significava, perciò, tentare il suicidio oppure dimostrare un insolito coraggio, era il luogo, insomma, delle cosiddette “corse dei plaustri” che si svolgevano a Milano come in altre città dell’Impero per soddisfare i ben noti gusti morbosi della plebe dell’Impero, avida di passare il tempo tra spettacoli e gare che garantissero forti emozioni. All’epoca dei tre martiri, però, si trovavano ormai sempre meno coraggiosi disposti a gareggiare, per cui, per non rinunciare al divertimento, era da tempo invalso l’uso di far correre i condannati a morte, legati a carri lanciati a folle velocità e tirati da cavalli imbizzarriti. Questa era la sorte riservata anche a Caio, Faustino e Giovita, i tre ex ufficiali dell’esercito imperiale, colpevoli di alto tradimento e tutti si aspettavano questa fine cruenta quando ognuno dei tre venne legato al carro. Al segnale convenuto, i cavalli vennero liberati e i carri partirono con la solita veemenza tra gli urli e i fischi della folla, ma un inaspettato prodigio la deluse: i tre Santi riuscirono prontamente a governare i propri carri e a fuggire dal patibolo evitando, per questa volta, il martirio. Calogero prese la strada per Vigevano proseguendo fino ad Asti per rifugiarsi nella comunità cristiana locale dove, tra gli altri, convertì al Cristianesimo Secondo, il primo martire di Asti che andò a Milano a farsi battezzare e ad aiutare Faustino e Giovita rimasti colà. In seguito, Calogero, non si sa bene per quale ragione, si trasferì ad Albenga, dove continuò la sua opera missionaria. Fu lì che venne scoperto dalla polizia imperiale la quale pensò bene di decapitarlo immediatamente per evitare ulteriori sorprese. L’esecuzione avvenne presso l’antica foce del Centa, in località Campore nell’anno 121 sotto l’imperatore Adriano (117-138), era il 18 aprile. Il ricordo di Calogero divenne ben presto un forte culto locale restando, però, limitato alle diocesi di Brescia, Milano, Asti, Ivrea e Tortona. In regione Doria, in prossimità dell’imbocco della galleria dell’attuale SS Aurelia in direzione di Alassio, possono ancora osservarsi i ruderi della prima basilica cristiana di Albenga, eretta attorno ai secoli IV e V e dedicata a San Calogero. La presunta Tomba di San Calogero è conservata ad Albenga nel Museo Civico Ingauno, mentre nella Cattedrale di San Michele è conservata l’urna con le reliquie del Santo. A Milano è probabilmente sopravvissuta fino ai giorni nostri la memoria del mancato martirio di San Calogero nella toponomastica viaria del centro storico della città: non lontano da Porta Ticinese, infatti, si trova Via S. Calogero. Proprio in questa zona della città ora si trova la chiesa di S. Vincenzo in Prato il cui nome, nel quale sopravvive il riferimento a un non meglio precisato prato, fa pensare che in quella zona fosse da sempre presente un’area non edificata come testimoniato dalla tradizione agiografica circa i Santi Faustino e Giovita che parla di un tempio romano nella zona, un edificio sacro pagano che sarebbe crollato in seguito a un periodo di forti piogge, rivelando tra l’altro l’esistenza di una sorgente. Sul luogo del crollo venne in seguito riedificata una chiesa cristiana, dedicata alla Madonna, la sorgente pare fosse rinomata per la salubrità delle acque che ne sgorgavano e il punto preciso della fonte, nota col nome di Fonte di San Calogero, pare fosse custodito sotto l’altare della chiesa; successivamente, la chiesa venne ampliata e dedicata a San Vincenzo al cui nome è tuttora legato all’edificio sacro, si ha notizia, però, di un Oratorio di San Calogero, eretto a fianco della chiesa di San Vincenzo, attorno al quale venne poi costruito un monastero femminile. L’Oratorio di San Calogero venne irreparabilmente danneggiato durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e fu, purtroppo, demolito. Ad Albenga è sopravvissuto fino ai nostri giorni il complesso del monastero di San Calogero, ormai abbandonato e trasformato in zona archeologica, che si vuole sorto presso il luogo del martirio e che avrebbe custodito le spoglie mortali del Santo evangelizzatore della zona finché queste non vennero traslate nella chiesa della città. Ma secondo un’altra tradizione, che sembra cozzare con quella ligure, il luogo di sepoltura attuale delle spoglie mortali di San Calogero è Civate, presso cui furono traslate verso la metà del IX secolo. La tomba attuale è custodita nella chiesa dedicata al Santo all’interno delle mura del paese ma pare che originariamente le spoglie fossero state deposte nella chiesa di San Pietro al Monte, secondo quanto afferma anche la leggenda di San Pietro al Monte di Civate, in cui parte rilevante ha la presenza di una fonte d’acqua dai poteri miracolosi. Dall’altro versante del Monte di Civate, poi, sorge un altro paese, Caslino d’Erba, la cui principale attrazione è costituita dalla chiesa romanica della Madonna di San Calogero, situata in un’area sacra ove venne rinvenuta un’interessante lapide romana in cui sembra potersi leggere il voto che un fedele fa “alle Linfe e alle Acque”, dando, così, la conferma del fatto che l’area in questione fosse in origine un vero e proprio monte sacro, sede terrena degli spiriti delle acque. Va poi ricordato che il luogo del martirio del Santo è situato dalla tradizione di nuovo presso l’acqua: alla foce di un fiume. Infine, sia la piana di Albenga, creata dal fiume Centa sia la zona di Civate e Caslino, erano in passato soggette a frequenti alluvioni e frane per proteggersi dalle quali le popolazioni esasperate si affidavano all’intercessione di San Calogero.
• 18.04: Memoria di Sant’ Eusebio Vescovo e Patrono di Fano (verso il 503)
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
Martirologio Romano: A Fano nelle Marche, sant’Eusebio, vescovo, che accompagnò il papa san Giovanni I inviato a Costantinopoli dal re Teodorico, seguendolo al ritorno anche nel carcere in cui venne rinchiuso.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/49930
La storia di Eusebio ha sicuri riferimenti e appoggi: egli sottoscrisse il sinodo romano di papa Simmaco nel 503. Poiché nei documenti del sinodo del 499 risulta vescovo di Fano, Vitale, c’è da pensare che l’episcopato di Eusebio abbia avuto inizio tra il 500 e il 502. Altro riferimento storico sicuro è rappresentato dal fatto che Eusebio accompagnò papa Giovanni I nell’ambasceria, voluta da re Teodorico, presso l’imperatore Giustino, per ottenere da questi la revoca del decreto di requisizione delle chiese ariane.
Eusebio fu, infatti, uno dei cinque vescovi che, insieme con quattro senatori delle maggiori famiglie romane, accompagnarono il pontefice nel viaggio, che ebbe inizio nell’ottobre o novembre 525 e si concluse a Costantinopoli, prima delle feste di Natale, celebrate solennemente dal papa. L’ambasceria, dopo gli onori solenni ricevuti dall’imperatore e dal popolo e dopo l’incoronazione dell’imperatore stesso da parte del pontefice, ripartì da Costantinopoli alla fine dell’aprile 526. Il risultato parziale dell’ambasceria non soddisfece il re Teodorico, il quale, quando il pontefice sbarcò a Ravenna, lo fece, insieme coi vescovi che lo accompagnavano, chiudere in carcere, dove morì il 18 maggio 526. A questo punto, i documenti tacciono sul conto di Eusebio e a questa data la tradizione pone la sua morte, che sarebbe avvenuta a Fano.
Non abbiamo gli Atti di questo vescovo. La tradizione, accolta dagli storici locali, gli attribuisce la fondazione di un collegio di chierici, o di una canonica, presso la chiesa di San Pietro in Episcopio (allora cattedrale), chiesa che sarebbe stata restaurata dallo stesso santo e che, con rifacimento romanico, ancora esiste in via Rinalducci. Più tardi, nel secolo IX, quando la cattedrale venne trasferita nella nuova chiesa di Santa Maria Maggiore, si trasferì accanto alla nuova sede anche la canonica, di cui si trova notizia nei documenti. Ai chierici di questa canonica san Pier Damiani diresse il suo opuscolo Ad clerica Ecclesia Fanensis.
Eusebio curò la disciplina del clero e la vita cristiana del popolo. Secondo quanto afferma Giovanni, abate di Nonantola (secolo XII), nella Vita manoscritta di san Fortunato, dopo che del primitivo sepolcro si era perduta ogni notizia, le reliquie furono ritrovate sotto l’altare maggiore della cattedrale di Santa Maria Maggiore, insieme con quelle di san Fortunato e san Orso, nel 1113, quando, in seguito all’incendio della canonica dei chierici e della cattedrale stessa, avvenuto nel 1111, fu iniziata la costruzione della nuova. In tale circostanza le reliquie di Eusebio furono identificate, poiché portavano la scritta Corpus Sondi Eusebi e furono collocate sotto l’altare della cappella sita presso la sagrestia, in cornu epistola, insieme con quelle di san Orso, mentre quelle di san Fortunato vennero riposte sotto l’altare maggiore. La cappella è tuttora dedicata a san Eusebio e a san Orso ed è ornata da un quadro di Ludovico Carracci che raffigura la Vergine, regina del cielo, con accanto i due santi vescovi Orso ed Eusebio. Il quadro è stato dipinto nel 1615; sovrasta la dedica: «B. Virgini Coelorum Reginae et SS. Urso et Eusebio Patronis dicatum».
La festa di san Eusebio si celebra a Fano il 18 aprile.
Consultare anche
DEI PIU’ ANTICHI PROTETTORI DI FANO.
http://www.sistemabibliotecariofano.it/fileadmin/grpmnt/5596/4_NOT_1978_Tombari_Boiani_G_4.pdf
18.04: Memoria di Sant’Apollonio, senatore romano, filosofo e martire sotto Commodo tra il 186 e il 190
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di sant’Apollonio filosofo, martire, che sotto l’imperatore Commodo, davanti al governatore Perennio e al Senato con una raffinata orazione difese la causa della fede cristiana, confermandola poi, dopo la condanna a morte, con la testimonianza del suo sangue.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90522
S. Apollonio fu martirizzato a Roma nel 185, sotto l’impero di Commodo (161-192); notizie che lo riguardano ci sono pervenute da ben quattro fonti, per primo dai processi verbali contenuti nella raccolta degli atti degli antichi martiri, incorporata nella “Storia Ecclesiastica” di Eusebio, vescovo e storico (265-340); poi in due capitoli del “De Viris Illustribus” di s. Gerolamo, vescovo e Dottore della Chiesa (347-420) e in due redazioni della ‘passio’, una in armeno e l’altra in greco, scoperte nel secolo XIX.
Secondo queste fonti, Apollonio era un’illustre personaggio romano, erudito in scienza e filosofia e sembra anche senatore; essendo cristiano venne denunciato al prefetto del Pretorio, Perennio, quindi fu chiamato a discolparsi e secondo s. Gerolamo, egli lesse davanti al senato un ”insigne volume descrittivo della fede in Cristo”.
Quindi questo ‘volumen’ invece di essere una ritrattazione, conteneva un’apologia del Cristianesimo, atto contrario al rescritto imperiale di Traiano, che lo proibiva, pertanto Apollonio venne condannato a morte.
I testi riferiscono che fu sottoposto a due interrogatori, a distanza di tre giorni l’uno dall’altro, il primo presieduto dallo stesso Perennio, il secondo da un collegio di senatori, consiglieri e giuristi. La descrizione delle udienze, meraviglia per il tono pacato ed il trattamento riservatogli, non solo per il suo rango sociale; al contrario di altre ‘passiones’ chiaramente inverosimili o troppo brevi; è ascoltato con attenzione, lo interrompono solo per contrastare, ma con serietà, le sue argomentazioni o per moderare l’asprezza delle sue parole e quindi la punibilità di esse.
Perennio è un giudice illuminato e magnanimo, come Apollonio è un uomo dalla mente pronta e vivacissima; non abbiamo in questa situazione il ripetersi prevenuto dei cristiani, del rifiuto a sacrificare agli dei, comune nell’agiografia dei martiri; ad Apollonio piace vivere, ma egli non esita a scegliere la morte, perché senza nessuna costrizione, crede volentieri nella dottrina della resurrezione e del giudizio finale, perché questa se fosse pure un’illusione o un errore, dà conforto e illumina la vita, togliendola da umilianti compromessi.
Riguardo la pena della morte subita, i testi discordano, nella ‘passio’ greca Apollonio muore dopo lo spezzamento delle gambe, supplizio esteso anche al suo denunciante (chi sa perché), mentre in quella armena invece viene decapitato e questa versione è riportata nel ‘Martyrologium Romanum’ che lo celebra al 21 aprile.
La sua figura fu inserita tardi nei Martirologi cristiani, giacché non fu oggetto di una precisa commemorazione nei primi tempi; poi nel Medioevo fu confuso con altri due santi, Apollo alessandrino e Apollonio martire insieme a s. Valentino, la cui ricorrenza è al 18 aprile, questa data fu in vigore per molto tempo, ma la recentissima edizione del ‘Martirologio Romano’ l’ha riportata al 21 aprile.
Autodifesa di S. Apollonio Martire Senatore Romano
Sta in
http://digilander.libero.it/wmiro1943/Autodifesa%20Apollonio.htm
Consultare anche
18 aprile Patriarchi Άγιος Κύριλλος ο ΣΤ’ ο Ιερομάρτυρας
Όσιος Ιωάννης ο Ησυχαστής, μαθητής του Αγίου Γρηγορίου του Δεκαπολίτου
• 18.04: Memoria di San Giovanni l’Esicasta, discepolo di San Gregorio il Decapolita
Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli
San Giovanni l’Esicasta visse nell’VIII secolo ed era un discepolo di San Gregorio il Decapolita (ricordato il 20 novembre). Fin da giovane età aspirò alla vita ascetica e si recò da San Gregorio, forse sul monte Olimpo, diventando monaco e imparando l’essenza della vita monastica. L’obbedienza al suo maestro era famosa, motivo per cui san Gregorio si rallegrava e glorificava Dio. Dopo la morte del suo maestro, secondo il suo esempio, dopo essersi recato in pellegrinaggio in vari luoghi, raggiunse Gerusalemme, dove venerò i santi luoghi e si rafforzò ulteriormente nella fiamma della sua devozione.
San Giovanni si ritirò nel monastero Charitonos, dove si addormentò in pace.
[da www.saints.org]