13 aprile- Memoria del santo Martino, papa di Roma e di due vescovi con lui (655); dei santi Massimo, Quintilliano e Dada, martiri (fine III sec.); di sant’Eleuterio il persiano; di santa Teodosia, figlia dell’imperatore Adriano, monaca (II sec.); di sant’Arsenio, arcivescovo di Elassona in Tessaglia (1625);del beato martire Cristoforo, asceta nel monastero di San Saba
Άγιος Χριστόφορος ο Οσιομάρτυρας
Άγιος Στέφανος ο Νέος ο Ιερομάρτυρας

Sinassario

Il 13 di questo mese memoria del nostro santo padre Martino il confessore, papa di Roma e dei vescovi con lui.
Stichi. Martino, che mangiava la tua carne esultando, o Sovrano, svestito dalla carne vive rallegrandosi.

Lo stesso giorno memoria dei santi Massimo, Quintilliano e Dada, martiri.
Stichi. Questi che giacciono qui senza teste sono Massimo, Quintilliano e Dada.

Lo stesso giorno memoria di sant’Eleuterio il persiano, martire.
Stichi. Eleuterio non si sottomise all’inganno, ma andò libero verso il taglio della spada.

Lo stesso giorno memoria di san Teodosio, martire.
Stichi. Non ti piegasti affatto a sacrificare agli idoli, piegandoti al taglio della spada, o Teodosio.

Lo stesso giorno memoria di san Zoilo, martire.
Stichi. Ferito sul legno dal colpo dell’arco, o, Zoilo, ferisci colui che portò la corruzione tramite il legno.

Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.

 

 

 
• 13.04: Memoria di San Martino I papa e patriarca di Roma con la memoria di tutti i vescovi che in Occidente insieme con lui soffrirono in difesa della fede ortodossa di fronte all’eresia monotelita (se ne fa memoria anche il 20 settembre)
Per aver condannato l’eresia dei Monoteliti, fu esiliato nel Chersoneso, dove a causa dei tormenti subiti, si addormentò nell’anno 655.
Originario di Todi, Martino fu prete a Roma e in seguito apocrisario, cioè legato pontificio alla corte imperiale di Costantinopoli. Fu una buona preparazione per il futuro papa. All’epoca il dibattito teologico mirava a stabilire se Gesù aveva una o due volontà. In sintesi si riproponeva la domanda sulle due nature già affrontata al Concilio di Calcedonia. I padri conciliari avevano stabilito che Gesù aveva due nature per poter salvare pienamente l’uomo. Al contrario alcuni teologi bizantini, con il sostegno dell’imperatore e per fini politici, continuavano a presentare formule di compromesso. Eletto Papa nel 649, Martino dovette presto affrontare la questione. Egli indisse un grande sinodo a Roma cui parteciparono alcuni teologi greci dissidenti, tra i quali Massimo poi chiamato il Confessore. Con il suo aiuto il sinodo romano stabilì che l’economia della salvezza si fonda sull’incarnazione del Logos divino. La negazione della realtà e della completezza della volontà umana del Cristo renderebbe impossibile la piena redenzione dell’uomo. Furente, l’imperatore Costante II inviò in Italia l’esarca Olimpio con l’ordine di condurre prigioniero il Papa in Oriente. Olimpio si ribellò, si autoproclamò signore d’Italia e per tre anni governò sulla penisola. In questo periodo Martino poté svolgere il suo ministero in libertà. Poi, però, Olimpio cadde in battaglia e Costante inviò un nuovo emissario che prese prigioniero il Papa e lo portò a Costantinopoli. Condannato, Martino venne condotto prigioniero a Cherson, nella penisola di Crimea, dove morì nel 655, presto venerato in Oriente e in Occidente come martire della fede.

Tratto dal Quotidiano Avvenire
In un’Europa in cui il cristianesimo è una fede pubblica da secoli un Papa può morire martire e in esilio. San Martino I è il testimone che la difesa dell’autentico credo può costare la vita anche a chi occupa l’apice della gerarchia. Originario di Todi, prete a Roma, legato pontificio a Costantinopoli, Martino divenne Papa nel 649 e si trovò subito ad affrontare l’eresia del monotelismo (l’affermazione di un’unica volontà in Cristo, che avrebbe così avuto una natura umana “imperfetta”), appoggiato dall’imperatore bizantino Costante II. La condanna dell’eresia nel Concilio Lateranense fece infuriare l’imperatore che nel 653 fece arrestare Martino, esiliandolo in Crimea, dove il Pontefice morì nel 655.

Martirologio Romano: San Martino I, papa e martire, che condannò nel Sinodo Lateranense l’eresia monotelita; quando poi l’esarca Calliopa per ordine dell’imperatore Costante II assalì la Basilica Lateranense, fu strappato dalla sua sede e condotto a Costantinopoli, dove giacque prigioniero sotto strettissima sorveglianza; fu infine relegato nel Chersoneso, dove, dopo circa due anni, giunse alla fine delle sue tribolazioni e alla corona eterna
Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/26750
Originario di Todi e diacono della Chiesa romana, Martino fu eletto al soglio pontificio dopo la morte di papa Teodoro (13 maggio 649) e mostrò subito una mano molto ferma nel reggere il timone della barca di Pietro. Non domandò né attese infatti il consenso alla sua elezione dell’imperatore bizantino Costante II che l’anno precedente aveva promulgato il Tipo, un documento in difesa della tesi eretica dei monoteliti. Per arginare la diffusione di questa eresia, tre mesi dopo la sua elezione, papa Martino indisse nella basilica lateranense un grande concilio, al quale furono invitati tutti i vescovi dell’Occidente.
La condanna di tutti gli scritti monoteliti, sancita nelle cinque solenni sessioni conciliari, provocò la rabbiosa reazione della corte bizantino. L’imperatore ordinò all’esarca di Ravenna, Olimpio, di recarsi a Roma per arrestare il papa. Olimpio volle assecondare oltre misura gli ordini imperiali e tentò di fare assassinare il papa dal suo scudiero, durante la celebrazione della Messa a S. Maria Maggiore. Nel momento di ricevere l’ostia consacrata dalle mani del pontefice, il vile sicario estrasse il pugnale, ma fu colpito da improvvisa cecità.
Probabilmente questo fatto convinse Olimpio a mutare atteggiamento e a riconciliarsi col santo pontefice e a progettare una lotta armata contro Costantinopoli. Nel 653, morto Olimpio di peste, l’imperatore poté compiere la sua vendetta, facendo arrestare il papa dal nuovo esarca di Ravenna, Teodoro Calliopa.
Martino, sotto l’accusa di essersi impossessato illegalmente dell’alta carica pontificia e di aver tramato con Olimpio contro Costantinopoli, venne tradotto via mare nella città del Bosforo. Il lungo viaggio, durato quindici mesi, fu l’inizio di un crudele martirio. Durante i numerosi scali, a nessuno dei tanti fedeli accorsi a incontrare il papa fu concesso di avvicinarlo. Al prigioniero non era data neppure l’acqua per lavarsi. Giunto il 17 settembre 654 a Costantinopoli, il papa, steso sul suo giaciglio sulla pubblica via, venne esposto per un giorno intero agli insulti del popolo, prima di venire rinchiuso per tre mesi in prigione. Poi iniziò il lungo ed estenuante processo, durante il quale furono tali le sevizie da far mormorare all’imputato: “Fate di me ciò che volete; qualunque morte mi sarà un beneficio”.
Degradato pubblicamente, denudato ed esposto ai rigori del freddo, carico di catene, venne rinchiuso nella cella riservata ai condannati a morte. Il 26 marzo 655 fu fatto partire segretamente per l’esilio a Chersonea in Crimea. Patì la fame e languì nell’abbandono più assoluto per altri quattro mesi, finché la morte lo colse, fiaccato nel corpo ma non nella volontà, il 16 settembre 655.
Tratto da http://www.umbrialeft.it/approfondimenti/curiosit%C3%A0-martino-papa-todi-catturato-imprigionato-e-morto-stenti
Viene ricordato per una acuta intelligenza ed il carattere indomito, per i miracoli e soprattutto per la sua santità. Ma il papa di Todi, Martino I – eletto 74° pontefice il 5 luglio 649 – ebbe anche una vita travagliata, complicata e infine tragica dovuta proprio al suo coraggio e alla sua fermissima fede.
Martino – che secondo la tradizione orale sarebbe nato ai piedi di Todi, in località Pian di San Martino -visse in tempi particolarmente difficili e complessi. In Italia dominavano i Longobardi e la potenza del tempo era Costantinopoli, dove sul trono sedeva l’imperatore bizantino Costante II. Quest’ultimo propugnava teorie eretiche sulla natura di Cristo (l’eresia monotelita o del patriarca Sergio) da un lato e rivendicava per sé, sotto il profilo politico, la conferma delle nomine dei pontefici di Roma. La teoria sostenuta da Sergio sosteneva che in Cristo esisteva un’unica volontà, mentre il papato replicava che Cristo possedesse due volontà naturali “senza divisione, commutazione, separazione confusione, secondo l’insegnamento dei Padri” (tesi poi riconosciuta valida dal Terzo concilio di Costantinopoli del 680-681 e approvata da papa Leone II).
Martino I, per respingere le tesi eretiche e le intromissioni dell’imperatore, convocò appena eletto un sinodo in Laterano, al quale parteciparono 105 vescovi. Al termine dei lavori le teorie di Sergio e dei suoi seguaci vennero condannate. Lo stesso papa pronunciò una durissima enciclica. Lo scontro si incancrenì e la tensione raggiunse livelli enormi. Lo stesso pontefice riuscì a sfuggire ad un attentato sacrilego: all’ultimo momento Martino I si sottrasse al pugnale di un sicario, pronto a colpirlo a morte durante la celebrazione della messa.
Costante II ordinò nuovo esarca – il precedente, Olimpo, pur avendo ricevuto gli ordini imperiali non aveva creato fastidi al pontefice – Terodoro Calliopa (il governatore bizantino in Italia) di catturare il papa e di portarlo a Bisanzio. Il 15 giugno 653 in San Giovanni in Laterano papa Martino I cadde nelle mani degli sgherri dell’esarca. Trascinato prima a Miseno, poi in nave, nell’isola di Nasso arrivò poi, dopo qualche mese, a Costantinopoli, dove da giovane era stato legato per conto di papa Teodoro I, che ne apprezzava particolarmente la saggezza. Il papa di Roma fu processato per alto tradimento, condannato a morte, tra sberleffi e irrisioni (fu messo anche alla gogna). Cercarono anche di fargli abiurare la condanna del monotelismo, ma Martino, impavido, tenne testa ai carnefici. Alla fine, anche per intercessione del patriarca Paolo II, la pena di morte fu commutata in esilio. E venne mandato nella inospitale regione del Chersoneso, in Crimea. Qui il pontefice, lontano e dimenticato, perì di stenti il 16 settembre del 655. Il suo corpo venne sepolto sotto le mura della città di Cherson.
Consultare anche MARTINO I, papa, santo, http://www.treccani.it/enciclopedia/martino-i-papa-santo_(Dizionario-Biografico)/

• 13.04: Memoria di Sant’Orso -o Urso- Vescovo di Ravenna
Secondo una tradizione, sarebbe nato in Sicilia e imparentato con san Bassiano. Fu vescovo di Ravenna al tempo in cui Onorio vi stabilì il capoluogo della parte occidentale dell’Impero romano.
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
Martirologio Romano A Ravenna, sant’Orso, vescovo, che trasferì la sede episcopale di Classe in questa città e dedicò la chiesa cattedrale nel giorno di Pasqua in onore della Santa Anástasis; nello stesso giorno qualche anno più tardi anche egli passò alla gloria della resurrezione.

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/93384

Sant’Orso, vescovo di Classe, trasferì definitivamente la sede episcopale a Ravenna attorno al 402, quando l’imperatore Onorio per ragioni di sicurezza strategica pose nella medesima città la capitale dell’impero d’Occidente. Nel catalogo episcopale della Chiesa ravennate il nome di Orso precede immediatamente quello di Pier Crisologo, quindi presupponendo l’esattezza di tale fonte l’episcopato di Orso si collocherebbe all’inizio del V secolo. In Ravenna Orso edificò la “ecclesia catholica, cioè la cattedrale, detta poi in suo onore “basilica Ursiana”, dedicandola all’Anastasi di Nostro Signore nel giorno di Pasqua. Secondo Agnello, Orso morì dopo ventisei anni di episcopato il 13 aprile di un anno attorno al 425. La sua memoria era però celebrata in Ravenna il giorno di Pasqua, anniversario della dedicazione per sua mano della basilica Ursiana. Una tradizione vuole che Orso fosse di origini siciliane, fattore che spiegherebbe la disffusione del culto di santi siciliani in Ravenna sin dal V secolo.

RAVENNA E LA SUA DIOCESI
Tratto da
http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/allegati/28021/RAVENNA_E_LA_SUA_DIOCESI.pdf
Poche sono le notizie che noi possediamo relative al IV secolo, ma è nel 402 che un avvenimento di natura civile coinvolgerà anche la Chiesa della città: la sede imperiale viene trasferita da Milano a Ravenna. Era vescovo Orso (399c.426c.) il quale provvede ad edificare, entro le mura, con il concorso quasi certo della Corte, la grande Cattedrale che dedicherà alla Aghìa Anàstasis, con il relativo battistero.

La Cattedrale della Resurrezione
Tratto da http://www.ravennamosaici.it/cattedrale-della-resurrezione/
La costruzione della cattedrale di Ravenna si fa risalire ai tempi del vescovo Orso che la fece edificare tra la fine del IV e gli inizi del V sec. d. C. assieme al battistero e all’episcopio. Dal nome di Orso, o più propriamente Ursus, prende l’intitolazione di basilica Ursiana, dedicata all’Hagia Anastasis: in greco alla Santa Resurrezione di Cristo. La basilica era posta nella cosiddetta Regio Hercolana (la zona a sud-est della città) a ridosso delle mura urbane. L’antica cattedrale era di dimensioni imponenti, suddivisa in cinque navate sorrette da 56 colonne con abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno, secondo lo stile ravennate. Era anche sontuosamente adornata da marmi e mosaici.

13 aprile- Memoria del santo Martino, papa di Roma e di due vescovi con lui (655); dei santi Massimo, Quintilliano e Dada, martiri (fine III sec.); di sant’Eleuterio il persiano; di santa Teodosia, figlia dell’imperatore Adriano, monaca (II sec.); di sant’Arsenio, arcivescovo di Elassona in Tessaglia (1625);del beato martire Cristoforo, asceta nel monastero di San Saba
Άγιος Χριστόφορος ο Οσιομάρτυρας
Άγιος Στέφανος ο Νέος ο Ιερομάρτυρας

Sinassario

Il 13 di questo mese memoria del nostro santo padre Martino il confessore, papa di Roma e dei vescovi con lui.
Stichi. Martino, che mangiava la tua carne esultando, o Sovrano, svestito dalla carne vive rallegrandosi.

Lo stesso giorno memoria dei santi Massimo, Quintilliano e Dada, martiri.
Stichi. Questi che giacciono qui senza teste sono Massimo, Quintilliano e Dada.

Lo stesso giorno memoria di sant’Eleuterio il persiano, martire.
Stichi. Eleuterio non si sottomise all’inganno, ma andò libero verso il taglio della spada.

Lo stesso giorno memoria di san Teodosio, martire.
Stichi. Non ti piegasti affatto a sacrificare agli idoli, piegandoti al taglio della spada, o Teodosio.

Lo stesso giorno memoria di san Zoilo, martire.
Stichi. Ferito sul legno dal colpo dell’arco, o, Zoilo, ferisci colui che portò la corruzione tramite il legno.

Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.

 

 

 
• 13.04: Memoria di San Martino I papa e patriarca di Roma con la memoria di tutti i vescovi che in Occidente insieme con lui soffrirono in difesa della fede ortodossa di fronte all’eresia monotelita (se ne fa memoria anche il 20 settembre)
Per aver condannato l’eresia dei Monoteliti, fu esiliato nel Chersoneso, dove a causa dei tormenti subiti, si addormentò nell’anno 655.
Originario di Todi, Martino fu prete a Roma e in seguito apocrisario, cioè legato pontificio alla corte imperiale di Costantinopoli. Fu una buona preparazione per il futuro papa. All’epoca il dibattito teologico mirava a stabilire se Gesù aveva una o due volontà. In sintesi si riproponeva la domanda sulle due nature già affrontata al Concilio di Calcedonia. I padri conciliari avevano stabilito che Gesù aveva due nature per poter salvare pienamente l’uomo. Al contrario alcuni teologi bizantini, con il sostegno dell’imperatore e per fini politici, continuavano a presentare formule di compromesso. Eletto Papa nel 649, Martino dovette presto affrontare la questione. Egli indisse un grande sinodo a Roma cui parteciparono alcuni teologi greci dissidenti, tra i quali Massimo poi chiamato il Confessore. Con il suo aiuto il sinodo romano stabilì che l’economia della salvezza si fonda sull’incarnazione del Logos divino. La negazione della realtà e della completezza della volontà umana del Cristo renderebbe impossibile la piena redenzione dell’uomo. Furente, l’imperatore Costante II inviò in Italia l’esarca Olimpio con l’ordine di condurre prigioniero il Papa in Oriente. Olimpio si ribellò, si autoproclamò signore d’Italia e per tre anni governò sulla penisola. In questo periodo Martino poté svolgere il suo ministero in libertà. Poi, però, Olimpio cadde in battaglia e Costante inviò un nuovo emissario che prese prigioniero il Papa e lo portò a Costantinopoli. Condannato, Martino venne condotto prigioniero a Cherson, nella penisola di Crimea, dove morì nel 655, presto venerato in Oriente e in Occidente come martire della fede.

Tratto dal Quotidiano Avvenire
In un’Europa in cui il cristianesimo è una fede pubblica da secoli un Papa può morire martire e in esilio. San Martino I è il testimone che la difesa dell’autentico credo può costare la vita anche a chi occupa l’apice della gerarchia. Originario di Todi, prete a Roma, legato pontificio a Costantinopoli, Martino divenne Papa nel 649 e si trovò subito ad affrontare l’eresia del monotelismo (l’affermazione di un’unica volontà in Cristo, che avrebbe così avuto una natura umana “imperfetta”), appoggiato dall’imperatore bizantino Costante II. La condanna dell’eresia nel Concilio Lateranense fece infuriare l’imperatore che nel 653 fece arrestare Martino, esiliandolo in Crimea, dove il Pontefice morì nel 655.

Martirologio Romano: San Martino I, papa e martire, che condannò nel Sinodo Lateranense l’eresia monotelita; quando poi l’esarca Calliopa per ordine dell’imperatore Costante II assalì la Basilica Lateranense, fu strappato dalla sua sede e condotto a Costantinopoli, dove giacque prigioniero sotto strettissima sorveglianza; fu infine relegato nel Chersoneso, dove, dopo circa due anni, giunse alla fine delle sue tribolazioni e alla corona eterna
Tratto da http://www.santiebeati.it/dettaglio/26750
Originario di Todi e diacono della Chiesa romana, Martino fu eletto al soglio pontificio dopo la morte di papa Teodoro (13 maggio 649) e mostrò subito una mano molto ferma nel reggere il timone della barca di Pietro. Non domandò né attese infatti il consenso alla sua elezione dell’imperatore bizantino Costante II che l’anno precedente aveva promulgato il Tipo, un documento in difesa della tesi eretica dei monoteliti. Per arginare la diffusione di questa eresia, tre mesi dopo la sua elezione, papa Martino indisse nella basilica lateranense un grande concilio, al quale furono invitati tutti i vescovi dell’Occidente.
La condanna di tutti gli scritti monoteliti, sancita nelle cinque solenni sessioni conciliari, provocò la rabbiosa reazione della corte bizantino. L’imperatore ordinò all’esarca di Ravenna, Olimpio, di recarsi a Roma per arrestare il papa. Olimpio volle assecondare oltre misura gli ordini imperiali e tentò di fare assassinare il papa dal suo scudiero, durante la celebrazione della Messa a S. Maria Maggiore. Nel momento di ricevere l’ostia consacrata dalle mani del pontefice, il vile sicario estrasse il pugnale, ma fu colpito da improvvisa cecità.
Probabilmente questo fatto convinse Olimpio a mutare atteggiamento e a riconciliarsi col santo pontefice e a progettare una lotta armata contro Costantinopoli. Nel 653, morto Olimpio di peste, l’imperatore poté compiere la sua vendetta, facendo arrestare il papa dal nuovo esarca di Ravenna, Teodoro Calliopa.
Martino, sotto l’accusa di essersi impossessato illegalmente dell’alta carica pontificia e di aver tramato con Olimpio contro Costantinopoli, venne tradotto via mare nella città del Bosforo. Il lungo viaggio, durato quindici mesi, fu l’inizio di un crudele martirio. Durante i numerosi scali, a nessuno dei tanti fedeli accorsi a incontrare il papa fu concesso di avvicinarlo. Al prigioniero non era data neppure l’acqua per lavarsi. Giunto il 17 settembre 654 a Costantinopoli, il papa, steso sul suo giaciglio sulla pubblica via, venne esposto per un giorno intero agli insulti del popolo, prima di venire rinchiuso per tre mesi in prigione. Poi iniziò il lungo ed estenuante processo, durante il quale furono tali le sevizie da far mormorare all’imputato: “Fate di me ciò che volete; qualunque morte mi sarà un beneficio”.
Degradato pubblicamente, denudato ed esposto ai rigori del freddo, carico di catene, venne rinchiuso nella cella riservata ai condannati a morte. Il 26 marzo 655 fu fatto partire segretamente per l’esilio a Chersonea in Crimea. Patì la fame e languì nell’abbandono più assoluto per altri quattro mesi, finché la morte lo colse, fiaccato nel corpo ma non nella volontà, il 16 settembre 655.
Tratto da http://www.umbrialeft.it/approfondimenti/curiosit%C3%A0-martino-papa-todi-catturato-imprigionato-e-morto-stenti
Viene ricordato per una acuta intelligenza ed il carattere indomito, per i miracoli e soprattutto per la sua santità. Ma il papa di Todi, Martino I – eletto 74° pontefice il 5 luglio 649 – ebbe anche una vita travagliata, complicata e infine tragica dovuta proprio al suo coraggio e alla sua fermissima fede.
Martino – che secondo la tradizione orale sarebbe nato ai piedi di Todi, in località Pian di San Martino -visse in tempi particolarmente difficili e complessi. In Italia dominavano i Longobardi e la potenza del tempo era Costantinopoli, dove sul trono sedeva l’imperatore bizantino Costante II. Quest’ultimo propugnava teorie eretiche sulla natura di Cristo (l’eresia monotelita o del patriarca Sergio) da un lato e rivendicava per sé, sotto il profilo politico, la conferma delle nomine dei pontefici di Roma. La teoria sostenuta da Sergio sosteneva che in Cristo esisteva un’unica volontà, mentre il papato replicava che Cristo possedesse due volontà naturali “senza divisione, commutazione, separazione confusione, secondo l’insegnamento dei Padri” (tesi poi riconosciuta valida dal Terzo concilio di Costantinopoli del 680-681 e approvata da papa Leone II).
Martino I, per respingere le tesi eretiche e le intromissioni dell’imperatore, convocò appena eletto un sinodo in Laterano, al quale parteciparono 105 vescovi. Al termine dei lavori le teorie di Sergio e dei suoi seguaci vennero condannate. Lo stesso papa pronunciò una durissima enciclica. Lo scontro si incancrenì e la tensione raggiunse livelli enormi. Lo stesso pontefice riuscì a sfuggire ad un attentato sacrilego: all’ultimo momento Martino I si sottrasse al pugnale di un sicario, pronto a colpirlo a morte durante la celebrazione della messa.
Costante II ordinò nuovo esarca – il precedente, Olimpo, pur avendo ricevuto gli ordini imperiali non aveva creato fastidi al pontefice – Terodoro Calliopa (il governatore bizantino in Italia) di catturare il papa e di portarlo a Bisanzio. Il 15 giugno 653 in San Giovanni in Laterano papa Martino I cadde nelle mani degli sgherri dell’esarca. Trascinato prima a Miseno, poi in nave, nell’isola di Nasso arrivò poi, dopo qualche mese, a Costantinopoli, dove da giovane era stato legato per conto di papa Teodoro I, che ne apprezzava particolarmente la saggezza. Il papa di Roma fu processato per alto tradimento, condannato a morte, tra sberleffi e irrisioni (fu messo anche alla gogna). Cercarono anche di fargli abiurare la condanna del monotelismo, ma Martino, impavido, tenne testa ai carnefici. Alla fine, anche per intercessione del patriarca Paolo II, la pena di morte fu commutata in esilio. E venne mandato nella inospitale regione del Chersoneso, in Crimea. Qui il pontefice, lontano e dimenticato, perì di stenti il 16 settembre del 655. Il suo corpo venne sepolto sotto le mura della città di Cherson.
Consultare anche MARTINO I, papa, santo, http://www.treccani.it/enciclopedia/martino-i-papa-santo_(Dizionario-Biografico)/

• 13.04: Memoria di Sant’Orso -o Urso- Vescovo di Ravenna
Secondo una tradizione, sarebbe nato in Sicilia e imparentato con san Bassiano. Fu vescovo di Ravenna al tempo in cui Onorio vi stabilì il capoluogo della parte occidentale dell’Impero romano.
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
Martirologio Romano A Ravenna, sant’Orso, vescovo, che trasferì la sede episcopale di Classe in questa città e dedicò la chiesa cattedrale nel giorno di Pasqua in onore della Santa Anástasis; nello stesso giorno qualche anno più tardi anche egli passò alla gloria della resurrezione.

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/93384

Sant’Orso, vescovo di Classe, trasferì definitivamente la sede episcopale a Ravenna attorno al 402, quando l’imperatore Onorio per ragioni di sicurezza strategica pose nella medesima città la capitale dell’impero d’Occidente. Nel catalogo episcopale della Chiesa ravennate il nome di Orso precede immediatamente quello di Pier Crisologo, quindi presupponendo l’esattezza di tale fonte l’episcopato di Orso si collocherebbe all’inizio del V secolo. In Ravenna Orso edificò la “ecclesia catholica, cioè la cattedrale, detta poi in suo onore “basilica Ursiana”, dedicandola all’Anastasi di Nostro Signore nel giorno di Pasqua. Secondo Agnello, Orso morì dopo ventisei anni di episcopato il 13 aprile di un anno attorno al 425. La sua memoria era però celebrata in Ravenna il giorno di Pasqua, anniversario della dedicazione per sua mano della basilica Ursiana. Una tradizione vuole che Orso fosse di origini siciliane, fattore che spiegherebbe la disffusione del culto di santi siciliani in Ravenna sin dal V secolo.

RAVENNA E LA SUA DIOCESI
Tratto da
http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/allegati/28021/RAVENNA_E_LA_SUA_DIOCESI.pdf
Poche sono le notizie che noi possediamo relative al IV secolo, ma è nel 402 che un avvenimento di natura civile coinvolgerà anche la Chiesa della città: la sede imperiale viene trasferita da Milano a Ravenna. Era vescovo Orso (399c.426c.) il quale provvede ad edificare, entro le mura, con il concorso quasi certo della Corte, la grande Cattedrale che dedicherà alla Aghìa Anàstasis, con il relativo battistero.

La Cattedrale della Resurrezione
Tratto da http://www.ravennamosaici.it/cattedrale-della-resurrezione/
La costruzione della cattedrale di Ravenna si fa risalire ai tempi del vescovo Orso che la fece edificare tra la fine del IV e gli inizi del V sec. d. C. assieme al battistero e all’episcopio. Dal nome di Orso, o più propriamente Ursus, prende l’intitolazione di basilica Ursiana, dedicata all’Hagia Anastasis: in greco alla Santa Resurrezione di Cristo. La basilica era posta nella cosiddetta Regio Hercolana (la zona a sud-est della città) a ridosso delle mura urbane. L’antica cattedrale era di dimensioni imponenti, suddivisa in cinque navate sorrette da 56 colonne con abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno, secondo lo stile ravennate. Era anche sontuosamente adornata da marmi e mosaici.