• 06: Dalle Omelie su San Paolo apostolo

di San Giovanni Crisostomo

 

De Laudibus S. Pauli, Hom. II, l-6.10, in PG 50, 477-484.

 

Più di tutti gli uomini Paolo ha mostrato che cosa è l’uomo, quanto grande è la nobiltà della nostra natura e quanta virtù questo essere vivente è capace di accogliere in sé.

 

Ogni giorno Paolo diventava più vigoroso. Nonostante i pericoli crescessero per lui, rinnovava il suo impegno; manifestava questo atteggiamento dicendo: Dimentico del passato e proteso verso il futuro (Fil 3,13). Se era in attesa della morte, esortava a condividere questa gioia, dicendo: Godetene e rallegratevi con me. Fil 2,18. Mentre incalzavano pericoli, oltraggi, ogni infamia, esultava di nuovo e scrivendo ai Corinzi arrivava a dire: Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle persecuzioni (2 Cor 12,10).

 

Ha chiamato le medesime sofferenze armi della giustizia (2 Cor 6,7), facendo vedere che anche da esse traeva i frutti più rigogliosi ed era ovunque invincibile da parte dei nemici. Ovunque fustigato, insultato, oltraggiato, avanzando solennemente come in un corteo trionfale e innalzando continui trofei in ogni parte della terra, così se ne andava fiero e ringraziava Dio dicendo: Siano rese grazie a Dio, il quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo (2 Cor 2,14).

 

Andava dietro alla vergogna e all’oltraggio a causa dell’annuncio del vangelo più di quanto noi andiamo a caccia degli onori.

 

 Aveva in se stesso la cosa più sublime di tutte, l’amore di Cristo; con questo si ritenne più beato di tutti, senza di questo non faceva voti di entrare nella categoria delle persone altolocate e potenti (Cf Ef 1, 21; Col 1,16). Con l’amore di Cristo voleva invece trovarsi fra gli ultimi, anzi fra coloro che ricevono supplizi (Cf 2 Cor 6,9), piuttosto che, senza di esso, fra i più insigni e onorati.

 

Il solo castigo per lui consisteva nel perdere questo amore. Tale eventualità rappresentava per lui la geenna, la punizione, innumerevoli mali, come d’altra parte la sua gioia stava nel raggiungerlo: ciò costituiva la vita, il mondo, gli angeli, il presente, il futuro, il Regno, la promessa, innumerevoli beni. Riteneva che nessun’altra cosa, che non conduceva a questo amore, non fosse né dolorosa né piacevole, mentre non teneva in alcun conto tutti i beni visibili così come l’erba imputridita.

 

Despoti e popoli spiranti alterigia gli sembravano zanzare; la morte, le pene, gli innumerevoli supplizi, quasi fossero giochi da bambini, quando si trattava di sopportarli a causa di Cristo.

 

 

 

Paolo viveva in prigione come se fosse il cielo stesso, accoglieva ferite e staffilate più volentieri di coloro che portano via i premi, amava le fatiche non meno delle ricompense, pensando che le fatiche fossero una ricompensa; perciò le chiamava anche una grazia (Cf Fil 1,29).

 

Fa’ attenzione: era un premio per lui essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo, mentre rimanere nella carne costituiva il combattimento; tuttavia preferisce questo a quello e dice che gli è più necessario (Cf Fil 1,23-24). Essere anàtema, separato da Cristo (Cf Rm 9,3), era una lotta e una sofferenza, anzi anche al di là della lotta e della sofferenza, mentre essere con lui era la ricompensa bramata; preferisce però quelle a questa a causa di Cristo.

 

Ma forse qualcuno potrebbe dire che tutto ciò gli era piacevole a causa di Cristo. Lo sostengo anch’io: quanto è per noi motivo di angustia, a lui generava una grande gioia. A che parlare dei pericoli e delle altre tribolazioni? Era anche in un’ansia continua, per cui diceva: Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? (2 Cor 11,29).

 

Vi prego di non ammirare soltanto, ma di imitare anche questo modello di virtù; così potremo condividere con lui le medesime corone. Se ti meravigli ascoltando che, se ti comporterai virtuosamente come lui, raggiungerai le medesime ricompense, ascoltalo mentre esprime questo concetto: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione (2 Tm 4,7-8).

 

Vedi come chiama tutti a condividere i medesimi premi? Poiché dunque sono proposte a tutti le stesse ricompense, sforziamoci tutti di divenire degni dei beni promessi. Non guardiamo soltanto alla grandezza e allo splendore delle sue virtù, ma anche all’intensità del suo impegno, per mezzo del quale si è attirato una grazia così grande, e alla comunanza di natura, perché ha condiviso tutto con noi. Così ciò che è molto arduo da raggiungere ci apparirà facile e agevole e, dopo esserci affaticati per questo breve tempo, porteremo continuamente quella corona eterna e immortale, per la grazia e la bontà di nostro Signore Gesù Cristo, al quale è la gloria e la potenza ora e sempre nei secoli dei secoli.

 

 

  • 06: memoria dei santi gloriosi e illustri Apostoli PIETRO e PAOLO, i Primi Corifei

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Il santo Apostolo Pietro, chiamato Simone, nacque a Betsaida sulla riva nord del lago di Gennaseret. Era figlio di Giona, della tribù di Neftali, era sposato e viveva a Cafarnao, esercitando la modesta professione di pescatore con suo fratello Andrea che era discepolo di san Giovanni il Precursore. All’inizio del ministero pubblico di Nostro Signore, il Santo Precursore designò Andrea e Giovanni figlio di Zebedeo, Colui che egli chiamava:<< l’Agnello di Dio >>. Andrea raggiunse suo fratello e gli disse:<< Abbiamo trovato il Messia! >>. E all’indomani lo condusse da Gesù che posando il suo sguardo su di lui disse:<< Simone, figlio di Giona, tu sarai chiamato Cefa >> che significa Pietro. Questo cambio di nome significava per lui la trasformazione della sua vita e, da allora, seguì Gesù che percorreva la Galilea, annunciando la Buona Novella del Regno e guariva tutte le malattie, sena tuttavia abbandonare completamente la pesca. Quando Gesù insegnò nella spiaggia di Cafarnao, Pietro lo invitò a casa sua dove sua suocera si trovava allettata poiché soffriva di forte febbre. Gesù la guarì ed ella si alzò subito per servirlo. Un giorno il Signore salì sulla barca di Pietro per predicare alla folla che lo circondava troppo da vicino. Quando ebbe finito, ordinò a Simone di allontanarsi al largo e gettare le reti. Il discepolo ed i suoi compagni obbedirono e nonostante avessero pescato inutilmente tutta la notte precedente, essi presero tanti pesci che le loro reti si ruppero. Ammirati da questo segno della potenza di Gesù, Pietro cadde ai suoi piedi ed esclamò:<< Allontanati da me mio Signore, poiché io sono uomo peccatore! >>. Ma Gesù lo alzò e gli disse:<< Stai senza timore, ormai saranno uomini che tu prenderai >>. Pietro abbandonò allora definitivamente la sua barca, le reti e la sua famiglia per seguire Gesù. Il suo amore era così ardente che si mise alla testa del coro dei Dodici Apostoli eletti dal Signore non come capo con autorità coercitiva, come non sarebbe stato possibile poiché il Signore aveva loro interdetto che tra loro ci fossero pretese egemoniche (Mt. 20,27; 23,10) ma piuttosto come il porta parola degli Apostoli e l’interlocutore privilegiato del Maestro. Fu così che a causa del suo zelo e dell’amore ardente che Egli lo scelse, con Giacomo e Giovanni, per essere testimoni delle manifestazioni più eclatanti della Sua natura divina: al momento della risurrezione della figlia di Giairo, il capo della sinagoga (Mt. 5,37) e, soprattutto, al momento della sua trasfigurazione sul Monte Tabor. Questo carattere di discepoli privilegiati li fece conoscere come le “colonne” della Chiesa dagli altri Apostoli (Gal. 2,9).

 

Dopo che il Signore ebbe moltiplicato i pani per sfamare più di cinquemila persone, ordinò ai suoi discepoli di salire sulla barca e precederlo mentre Egli ritornava tra la folla. Venuta la notte, poiché l’imbarcazione si trovava sbattuta tra le onde, con un vento contrario, Gesù andò verso loro camminando sulle acque. I discepoli spaventati cedettero di vedere un fantasma, ma Pietro, spinto dalla sua fede, scese dalla barca su ordine di Gesù e camminò anch’egli sulle acque andandogli incontro. Ma preso da un sentimento umano, ebbe paura e cominciando ad affondare nell’acqua gridò:<< Signore salvami! >>. Gesù gli tese la mano e lo rimproverò dicendogli:<< Uomo di poca fede, perché hai dubitato? >>. E nel momento in cui salirono in barca il vento finì. Tale era in effetti Pietro finché lo Spirito Santo non ebbe suggellato la sua fede con la perfezione della grazia deificante: un uomo dal carattere ardente ed impulsivo, con amore senza riserve per il Messia, che gli faceva superare i limiti della natura ma rivestito di debolezza e imperfezione. Quando, un po’ più tardi, Gesù disse che Egli era Lui stesso il Pane della vita disceso dal cielo e che chiunque non avesse mangiato la Carne del Figlio dell’uomo e bevuto il suo Sangue non avrebbe avuto la vita eterna, molti dei suoi discepoli lo abbandonarono trovando queste parole troppo dure. Gesù si rivolse allo verso i Dodici e chiese se anche loro volessero andar via. Pietro rispose subito:<< Signore, dove andremmo? Tu hai parole di vita eterna >>. Una volta arrivato nella regione di Cesarea di Filippo, Gesù dopo aver interrogato i suoi discepoli sulla opinione che si erano fatti sul Figlio dell’uomo, chiese loro:<< Secondo voi, che dite che io sia? >>. Anticipando gli altri, Pietro esclamò:<< Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! >>. Il Signore lodò Pietro per questa confessione di fede sulla Sua divinità, dicendo che gli era stata rivelata dal Padre e aggiunse:<< Tu sei Pietro e su questa pietra, io costruirò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non preverranno su di essa. A te io donerò le chiavi del Regno dei Cieli e ciò che tu legherai sulla terra sarà legato nei cieli e ciò che slegherai sulla erra sarà slegato nei cieli >> (Mt. 16,18-19) [1].

 

Subito dopo questa scena che aveva manifestato che l’amore di Pietro per il Signore gli procurava la conoscenza della Verità, Gesù cominciò ad annunciare la sua Passione e la sua Resurrezione e Pietro, ricadendo in sentimenti umani disse:<< Signore! No, ciò non succederà >>. E Gesù si rivolse verso di lui e disse:<< Ritirati, dietro me Satana! Tu sei per un ostacolo, poiché le cose che tu pensi non sono quelle di Dio ma quelle degli uomini! >>.

 

Così, dopo l’ultima Cena, quando il Signore lavò i piedi dei suoi discepoli, Pietro rifiutò con veemenza. Gesù gli rispose dolcemente:<< Se io non ti lavo, tu non avrai niente di comune con me >>. Finito il pasto, il Signore annunciò più chiaramente che egli doveva essere mandato a morte per poi resuscitare e predisse che sarebbe stato abbandonato dai suoi discepoli. Pietro, ancora una volta trasportato dal suo zelo, gridò con presunzione alzandosi al di sopra dei suoi compagni:<< Anche se tutti vacilleranno, non io! >> Gesù rispose con calma e tristezza:<< in verità ti dico, questa notte stessa, il gallo non avrà cantato che tu mi avrai rinnegato per tre volte >>.

 

Pietro seguendo Gesù al giardino dei Getsemani con Giacomo e Giovanni e quelli che erano stati giudicati degni della luce della sua gloria al Tabor, furono testimoni della sua agonia, delle estreme manifestazioni della sua natura umana soccombendo ancora una volta alla loro debolezza, si addormentarono, mentre il Maestro versava lacrime di sangue nella sua preghiera. Tuttavia quando i servitori del gran sacerdote arrivarono e misero le mani su Gesù, Pietro tirò fuori il suo coltello e tagliò l’orecchio destro di Malco. Gesù lo rabbonì e gli ordinò di rimettere il coltello nel fodero perché che conveniva che Egli fosse arrestato perché le scritture si compissero. Trattenuto questo slancio, Pietro abbandonò il Signore, con tutti gli altri discepoli e seguì da lontano il corteo, fino al palazzo del gran sacerdote. Essendo riuscito ad entrare all’interno, nel cortile, una serva lo riconobbe e disse:<< Anche Tu, tu eri con Gesù il Nazareno >>. Preso da paura per le parole di una donna, colui che aveva giurato che sarebbe volentieri andato a morte per il Signore, lo rinnegò. Interrogato per la terza volta, giurò:<< Io non conosco quest’uomo! >>. Subito un gallo cantò e Pietro ricordandosi le parole di Gesù, uscì e pianse amaramente il suo rinnegamento. Al mattino del terzo giorno dopo la Passione, Maria Maddalena e le altre donne che avevano visto la tomba vuota e l’angelo risplendente che annunciava la risurrezione del Signore, andarono ad annunciarla a Pietro e Giovanni. I due discepoli corsero verso la tomba e, essendo arrivato per primo il discepolo Ben-amato egli lasciò Pietro entrare nel sepolcro, dove videro le bende deposte. Quel giorno, sembra, il Signore resuscitato apparve a Pietro, solo (Lc 24,24; I Cor. 15,5). Qualche tempo dopo, essendo i discepoli ritornati alle loro occupazioni sul lago di Tiberiade e dopo aver invano lavorato tutta la notte, qualcuno li chiamò dalla riva e ordinò di gettare loro ancora una volta le reti. Poiché essi faticavano a tirare a bordo i centocinquantatré grossi pesci che avevano preso, Giovanni disse a Pietro:<< E’ il Signore! >>. Subito, lasciando le reti, Pietro si infilò il vestito e si gettò nell’acqua per arrivare al più presto a riva a nuoto e si prostrò ai piedi di Gesù. Dopo aver diviso con loro il pasto, per mostrare che era vivo, in carne e ossa, chiese tre volte a Pietro -:<< Mi ami tu? >>. E Pietro, correggendo il suo triplice rinnegamento con la triplice confessione del suo amore, fu restaurato nella sua posizione di corifeo del coro apostolico per la potenza divina del pentimento, e si vide affidare dal Signore la responsabilità pastorale della Chiesa.

 

Dopo aver assistito all’ascensione di Nostro Signore, Pietro si mise alla testa della comunità, di circa centoventi persone, che si erano riunite nella camera alta, perseverando nella preghiera e pregando per lì effusione dello Spirito Santo. Egli propose di tirare a sorte un sostituto per occupare il posto di Giuda il traditore e Mattia fu eletto nel numero degli Apostoli. Il giorno di Pentecoste, gli Apostoli riempiti di Spirito Santo, arrivarono alla piena conoscenza del Grande Mistero della Salvezza e furono da allora capaci di portare testimonianza sul Signore avanti al popolo, rendendo pubbliche le meraviglie di Dio in diverse lingue. Pietro, come sempre primo per zelo, prese allora la parola e annunciò ai numerosi Giudei presenti che Gesù, l’uomo che essi avevano messo a morte, era resuscitato e ormai sedeva alla destra del Padre come Cristo e Signore e aveva mandato su di loro lo Spirito Santo. Più di tremila persone, prese da compunzione, si pentirono e furono battezzate quel giorno. La comunità cresceva rapidamente ma gli Apostoli frequentavano ancora il tempio per l’osservanza delle preghiere Giudee. Un giorno, mentre Pietro e Giovanni andavano al Tempio per pregare un paralitico dalla nascita chiese loro l’elemosina. Pietro lo guardò e disse:<< Non ho né argento né oro ma ho chi te lo darà: nel Nome di Gesù Cristo il Nazareno, alzati e cammina! >> e il mendicante si alzò guarito. Una grande folla si era riunita e Pietro annunciò loro, in maniera chiara, che questo miracolo si era compito per la potenza di Gesù, il Messia annunciato dai profeti e che era per la loro Salvezza, dei Giudei in primo luogo, che Egli era resuscitato dai morti. Molti dei suoi ascoltatori abbracciarono la fede ed il numero dei fedeli aumentò a cinquemila. Ma le guardie del Tempio, arrestarono gli Apostoli e li rinchiusero in prigione. Essi comparvero l’indomani avanti al gran sacerdote e al Sinedrio, e Pietro, riempito di Spirito Santo, dichiarò che aveva agito nel Nome di Gesù che essi avevano crocefisso ma che era resuscitato e che << non vi è sotto il cielo altro nome, attraverso il quale non dovremmo essere salvati >>. Constatando la loro sicurezza i giudei li rilasciarono impedendo loro di predicare nel nome di Gesù. Ma Pietro replicò:<< Noi non possiamo non rendere pubblico ciò che abbiamo visto e sentito >> e continuò con audacia ad annunciare la Buona Novella, prendendosi cura dei fedeli e vegliando alla buona organizzazione della comunità. Un tale Anania e sua moglie Safira, avendo mentito sul prezzo del campo di cui essi avevano deposto la somma ai piedi degli Apostoli, si vide severamente rimproverato da Pietro e spirò sul momento e la sua donna poco dopo. Poiché gli Apostoli continuavano a predicare nel Tempio, compiendo molti segni e prodigi, furono nuovamente messi in prigione, ma un Angelo andò di notte a liberarli. Le guardie li ritrovarono al Tempio e li condussero avanti al gran sacerdote e poiché costui gli ricordava il suo divieto, Pietro replicò:<< Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini >> e dichiarò che erano testimoni che Gesù Cristo è resuscitato per accordare il pentimento e la remissione dei peccati. Rilasciati dopo essere stati ricoperti di botte gli Apostoli, nondimeno, continuarono ogni giorno la loro predicazione. Essendo Pietro andato a Samaria per confermare i nuovi battezzati, Simone il Mago gli propose dei soldi, per ottenere, anch’egli, il potere dello Spirito Santo, ma l’Apostolo gli rispose violentemente:<< Che il tuo argento perisca con te perché hai ritenuto che il dono di Dio si possa acquistare con i soldi >>. Egli andò poi a Lydda, dove guarì un paralitico, di nome Enea, e resuscitò Tavithà a Joppe. Poiché si era fermato qualche giorno in questa città, risiedendo nella casa di Simone il conciatore ebbe per tre volte una visione che lo invitava a mangiare senza fare distinzione tra animali puri e impuri, prescritto dalla Legge. Poco dopo, dei messaggeri venuti da Cesarea si presentarono e dissero che, avvertito da un Angelo, il centurione Cornelio, li aveva inviati alla sua ricerca. Arrivato a Cesarea, Pietro cominciò a parlare di Gesù nella casa di Cornelio e lo Spirito Santo discese sugli ascoltatori pagani, come il giorno di Pentecoste. Malgrado lo stupore dei credenti Giudei, egli ordinò loro di battezzarli dicendo:<< Si può rifiutare l’acqua di battesimo a coloro che hanno ricevuto il Santo Spirito come noi? >>. Al suo ritorno da Gerusalemme fu chiamato da parte dai Giudei e dovette raccontare la sua visione per convincerli che i pagani dovevano anch’essi essere ammessi nella Chiesa.

 

Quando re Erode Agrippa fece uccidere san Giacomo, fratello di Giovanni (41 – 44) , fece anche arrestare Pietro. La notte precedente al giorno in cui doveva comparire in giudizio, mentre era addormentato, in catene nella sua prigione, mentre era addormentato, incatenato nella sua prigione, un Angelo del Signore apparve, inondando il luogo di luce. Dopo che ebbe toccato Pietro le catene caddero e su ordine dell’Angelo egli si vestì attraversò le porte che si erano aperte da sole e andò nella casa della Madre di Marco, dove un’assemblea di fedeli pregava. Egli scese poi a cesarea e da là continuò le sue predicazioni in Giudea e nelle più lontane contrade. Nella sua “Prima Epistola” san Pietro si rivolgeva ai cristiani del Ponto, di Galazia, di Cappadocia, d’Asia e di Bitinia, ciò fa supporre che fosse andato in queste regioni che fosse per evangelizzarle. Altre fonti rapportano [2] che da Cesarea visitò Sidone, Beirut e il resto della Fenicia poi, dopo un soggiorno nell’isola di Antarados, evangelizzò molte città fino a Laodicea. Ad Antiochia di Siria affrontò Simone il Mago che ingannava molta gente con i suoi artifici satanici e ordinò san Marciano e san Pancrazio (+ 9 luglio) per andare ad evangelizzare la Sicilia. Egli andò in seguito a Tiana, in Cappadocia, poi Ancyra in Galazia, dove resuscitò un morto. Proseguendo il suo cammino nel Ponto incontrò suo fratello Andrea a Sinope, poi evangelizzò Amasea e Gangre in Paflagonia, Clauidioopoli della provincia dell’Onoriade, a arrivato in Bitinia, soggiornò a Nicomedia e Nicea, dove seminò la Parola di Verità.

 

Si racconta che fu allora che riprese il cammino di Gerusalemme e che si trovava lì quando Paolo e Barnaba arrivarono per dar conto delle loro missioni presso i pagani. Poiché alcuni fedeli di parte farisea dichiaravano che bisognava circoncidere i pagani che avevano aderito al Cristo, si alzò una lunga discussione. Pietro prese la parola e disse che era inutile imporre a questi fedeli il fardello della Legge poiché tutti, Giudei e pagani, sono salvati per la grazia del Signore Gesù. Finalmente, dopo il discorso di Giacomo, che presiedeva questa assemblea, si decise di non toccare i pagani convertiti con le esigenze caduche dell’Antica Alleanza e di chiedere loro di astenersi soltanto dalle carni immolate agli idoli, dalle unioni illegittime e dal sangue degli animali soffocati. San Pietro andò ad Antiochia, stando liberamente con i fedeli di origine pagana; ma quando dei fratelli arrivarono da Gerusalemme, si astenne dal frequentare i cristiani usciti dai pagani. Paolo allora lo riprese avanti a tutti, e l’esortò a vivere in conformità con l’insegnamento del Vangelo e delle decisioni prese a Gerusalemme (Gal. 11,14). Riprendendo le corse apostoliche, Pietro avrebbe allora ordinato Evodio vescovo di Antiochia (+ 7 sett.) poi Procoro a Nicomedia e Cornelio il Centurione ad Eliopoli. Egli avrebbe avuto là, si dice, una visione del Signore che gli ordinava di andare verso Occidente. Passando a Tarso, ordinò Orcano, a Efeso piazzò Frigello che in seguito si separò dalla Chiesa per seguire Simone il Mago; a Smirne ordinò Apelle (+ 10 sett.), fratello di san Policarpo; Olimpio a Filippi in Macedonia (+ 10 n0ov.); Giasone a Tessalonica; Silla a Corinto (+ 30 luglio) e Erodione a Patrasso (+28 marzo). Sbarcando in Sicilia fu ricevuto con grandi onori dal suo discepolo san Pancrazio e arrivò infine a Roma dove trascinava quotidianamente il popolo verso la vera fede nella Santa Trinità. Geloso della fama crescente dell’Apostolo, Simone il Mago, essendo stato condotto a Roma per essere giustiziato, era riuscito a soggiogare l’imperatore Claudio con i suoi prodigi, riunì una grande folla e finse di resuscitare un morto con no dei suoi artifici. Egli assumeva varie sembianze suscitando lo stupore ammirato dei suoi spettatori. Poiché era portato in aria da due demoni, Pietro pregò, e il Mago cadde a terra e perì lamentevolmente. Il popolo lanciò grida d’ammirazione di fronte alla potenza accordata da Dio ai suoi apostoli e ascoltò con fervore la sua predicazione. Dopo aver ordinato Lino come vescovo di Roma [3], poi andò a Terracina, ordinò Epeneto in Spagna (+ 30 luglio), Crescenzo a Cartagine (+ 30 luglio) e, arrivato in Egitto, istituì Rufo vescovo di Tebaide e san Marco ad Alessandria (+ 25 aprile). Egli si trovò a Gerusalemme per assistere alla Dormizione della Madre di Dio, poi ritornò a Roma per confermarvi i fedeli e terminò, dicono alcuni, i suoi viaggi apostolici attraverso Milano, arrivando fino in Gran Bretagna [4].

 

Avendo ricevuto da un Angelo la rivelazione che avrebbe trovato la morte a Roma, san Pietro obbedì al segno della Provvidenza e ritornò nella capitale, dove ordinò san Clemente (+ 24 nov.) come successore di Lino che era deceduto. Si racconta che fu arrestato su ordine dell’imperatore Nerone, di cui aveva convertito le due spose e che essendo stati liberati i suoi discepoli, fu crocefisso a testa in giù, alla sua domanda: poiché, egli disse, il Signore era stato crocefisso in piedi come per guardare verso la terra e verso i dannati che Egli andava a liberare, per cui conveniva che lui, discepolo, guardasse verso il cielo dove stava per andare [5].

 

Di San Paolo, il “Primo dopo l’Unico”, che dire? Quando il maestro dell’eloquenza, san Giovanni Crisostomo, veniva preso da una sorta di brivido quando pronunciava il suo nome ed interrompeva il suo discorso per cantare le sue lodi. Lui, che si riteneva l’ultimo degli Apostoli ed indegno anche del Nome di Apostolo, divenne il “Vaso d’elezione” della Grazia, simile a nessun altro, tanto per l’abbondanza delle rivelazioni e dei doni spirituali ma soprattutto, per i lavori e le tribolazioni affrontate nel nome di Cristo cosicché in verità ha potuto essere chiamato l’Apostolo per eccellenza.

 

Giudeo della tribù di Beniamino, nacque a Tarso in Cilicia (verso l’anno 10) in una di queste comunità giudee della Dispersione, che restavano fortemente fedeli alle tradizioni dei loro padri. Egli aveva ricevuto il nome di Saul e godeva, per suo padre, dello statuto privilegiato di cittadino romano. Egli crebbe in questa città cosmopolita a contatto con la civilizzazione greca. Ma il suo zelo per la Legge portò i suoi genitori ad inviarlo a Gerusalemme, dove, essendo entrato nella setta dei Farisei, seguì gli insegnamenti del famoso rabbino Gamaliele l’Anziano. Egli condivideva l’odio dei suoi padri per i cristiani che considerava come pericolosi trasgressori della Legge e fu approvandola che assistette alla lapidazione di santo Stefano. Animato da un furioso inseguimento e non “respirando che minacce a riguardo dei discepoli del Signore, egli entrava nelle case, arrestava uomini e donne e li gettava in prigione. Avendo ottenuto dal gran sacerdote delle lettere di raccomandazione, si mise in viaggio per la sinagoga di Damasco per condurre incatenati a Gerusalemme gli adepti del cristo che vi trovava. Mentre si avvicinava a damasco, una luce venuta dal cielo lo avvolse improvvisamente e cadendo a terra, sentì una voce che diceva:<< Saul, Saul, perché mi perseguiti? >>. << Chi sei tu, Signore? >> chiese lui. << Io sono Gesù, è me che tu perseguiti >> rispose la voce, e gli raccomandò di entrare in città. Saul si alzò da terra ma non vedendo più nulla, essendo i suoi occhi come bruciati dall’illuminazione eccessiva di questa luce, che lui solo aveva visto, e dovette essere condotto per mano fino a Damasco dai suoi compagni. Egli restò tre giorni senza bere nè mangiare, fin al momento in cui un discepolo di nome Anania (+ 1° ott.) avvertito da un Angelo, andò ad imporgli le mani nel Nome di Gesù per ridargli la vista e lo battezzò. Divenuto subito un altro uomo e riempito di Spirito Santo, Paolo si mise a proclamare Gesù Figlio di Dio nelle sinagoghe, con grande stupore dei Giudei che avevano sentito parlare di lui come di un nemico accanito dei cristiani. Essi decisero di farlo morire, ma, avvertito in tempo, Paolo potè fuggire, fatto scendere lungo le mura in una cesta. Egli andò allora in Arabia, a est del Giordano (Gal. 1,17), dove trascorse due anni, preparando le sue missioni nel ritiro, nel digiuno e nella preghiera. A partire da questo momento, tutta la sua vita fu interamente consacrata al servizio del signore che l’aveva << scelto >>, andando dritto in avanti, teso con tutto il suo essere, in vista delle ricompense che Dio riserva, nel Cristo, ai suoi fedeli servitori (Fil. 3,14). Egli poteva vantarsi di essere “morto alla Legge, per vivere in Dio” proclamando ad alta voce:<< Non sono più io che vivo, è il Cristo che vive in me! >> (Gal. 2,20). Il Signore si rivelò a lui, in effetti, attraverso una quantità di visioni e di rivelazioni e un giorno (verso l’anno 44, sembra ad Antiochia) fu rapito fino al terzo cielo e sentì delle parole ineffabili, che nessun uomo prima di lui aveva mai sentito (II Cor. 12). Lungi dall’inorgoglirsi dall’eccellenza di queste rivelazioni egli dava vantaggio solo al ministero dell’Evangelo con una foga che gli faceva disprezzare ogni rischio: sette volte fu imprigionato, cinque volte flagellato dai Giudei, tre volte bastonato, una volta lapidato, per tre volte fece naufragio:<< Viaggi innumerevoli, rischi, pericoli di briganti, pericoli dei suoi stessi compatrioti, pericoli dei pagani, pericoli della città, pericoli dei falsi fratelli! Lavori e fatiche, veglie frequenti, fame e sete, digiuni ripetuti, freddo e umidità! Senza parlare del resto, una ossessione quotidiana, la cura di tutte le Chiese! >> (II Cor. 11,25-28).

 

Di tutte queste debolezze egli si glorificava e si compiaceva negli oltraggi e le persecuzioni affrontate per Cristo, poiché lo stesso Signore gli aveva dichiarato in visione:<< La mia grazia ti sia sufficiente: poiché la potenza si mostra nella debolezza (II Cor. 12,9). Compiendo il ministero della predicazione attraverso segni e prodigi e per la potenza dello Spirito, da Gerusalemme fino all’Illiria e ai confini dell’Occidente, l’Apostolo si presentava << debole e tutto tremante, senza che i suoi discorsi avessero niente della saggezza del mondo e non volendo proclamare altro che << Gesù Cristo e Gesù Cristo Crocefisso >> (I Cor. 2). Egli si faceva “tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” raccogliendo nel Cristo dei discepoli per i quali non cessava di soffrire volontariamente, affinché il Cristo fosse formato pienamente in essi, attraverso la grazia di Spirito di filiazione (Gal. 4).

 

Avendo fatto un breve soggiorno a Damasco dopo il suo ritiro in Arabia, Paolo dovette fuggire nuovamente e andò a Gerusalemme. Poiché i fedeli avevano paura di lui e non potevano credere che fosse veramente divenuto discepolo, Barnaba lo presentò agli Apostoli Pietro e Giacomo e si fece garante dell’autenticità della sua visione. Da allora Paolo andava e veniva con loro, predicando con sicurezza il Nome del Signore. Ma dopo due settimane soltanto (Gal. 1,18) dei Giudei << ellenisti >> [6], avendo progettato di ucciderlo, fu condotto dai discepoli a Cesarea dove si imbarcò per Tarso, sua patria.

 

Poco dopo, essendo la notizia arrivata a Gerusalemme, che dei pagani avevano abbracciato la fede ad Antiochia, si mandò Barnaba. Costui constatò la grazia accordata da Dio e partì a cercare Paolo a Tarso e per un anno vissero ad Antiochia istruendovi una folla considerevole. Fu là che i discepoli ricevettero per la prima volta il nome di << cristiani >>. Un profeta aveva annunciato che una grande carestia avrebbe afflitto l’Impero e in particolare la Palestina (49 – 50) per cui i fedeli di Antiochia fecero una colletta e incaricarono Paolo e Barnaba di portare questi aiuti ai fratelli di Gerusalemme. Quando furono di ritorno ad Antiochia, un giorno in cui la comunità era in preghiera, lo Spirito Santo disse:<< Mettetemi dunque a conoscenza Barnaba e Saul in vista dell’opera a cui li ho chiamati >>. Dopo aver digiunato e pregato, i fratelli imposero le mani li inviarono in missione. Essi si imbarcarono a Seleucia per Cipro. A Salamina si misero ad annunciare la Parola di Dio nelle sinagoghe e attraversarono l’isola, fino a Pafo, dove il proconsole romano, Sergio Paolo, abbracciò la fede, malgrado l’opposizione del mago Elima che Paolo colpì di cecità. Da Pafo, raggiunsero Pergamo in Pamfilia e da là Antiochia di Pisidia dove Paolo convertì numerosi Giudei e proseliti dopo aver predicato il pentimento nella sinagoga. Il sabato successivo, tutta la città si riunì per ascoltare la Parla di Dio e poiché i Giudei facevano opposizione all’Apostolo, interrompendolo con blasfemie, egli replicò:<< Poiché voi non vi giudicate degni della vita eterna, noi ci rivolgeremo a pagani! >>. Tutti gioiosi i pagani accolsero la predicazione e abbracciarono la fede. Ma avendo i Giudei guadagnato i notabili, fecero cacciare dalla città Paolo e Barnaba, che andarono allora ad Iconio. Essi cominciarono anche là la loro predicazione nella sinagoga e una gran folla di Giudei e pagani aderirono alla fede. Gli Apostoli prolungavano il loro soggiorno, rendendo il Signore testimonianza ai loro insegnamenti consegni e prodigi. Nonostante i loro successi, l’opposizione dei Giudei rimasti increduli, li costrinse a cercare rifugio in Licaonia. A Listra Paolo guarì un paralitico dalla nascita e la folla, prendendo i due Apostoli per degli dei, voleva loro offrire un sacrificio.

 

Intanto i Giudei arrivarono da Antiochia e da Iconio e riuscirono a trasformare in odio l’entusiasmo degli abitanti di Listra. paolo fu lapidato, poi trascinato come morto fuori città. Quando si riprese, partì per Derbe, dove raccolse un buon numero di discepoli, poi ritornò a Listra, ad Iconio e Antiochia per confermare il coro dei credenti, dicendo loro:<< Bisogna passare per molte tribolazioni per entrare nel Regno dei Cieli >>. In una Chiesa che fondava, l’Apostolo designava degli Anziani per reggere la comunità, regolare le diversità e proseguire il suo insegnamento. Avendoli affidati tutti alla protezione del Signore, essi ripresero il cammino di ritorno verso Antiochia di Siria.

 

Al loro arrivo riunirono la Chiesa e raccontarono tutto ciò che Dio aveva realizzato per mezzo loro e come Egli avesse aperto ai popoli la porta della fede. Fu allora che dei fratelli, venuti dalla Giudea, pretesero che era necessario per i pagani convertiti farsi circoncidere. Ne seguì una viva discussione e Paolo e Barnaba furono inviati presso gli Apostoli a Gerusalemme per tagliare questo litigio. Essi rapportarono tutto ciò che Dio aveva compiuto tra i pagani e dopo aver stabilito di non imporre ai Gentili il fardello inutile della Legge, le << colonne >>: Pietro, Giacomo e Giovanni, tesero le mani a Paolo e Barnaba in segno di comunione, affidando loro l’evangelizzazione dei pagani, mentre essi si riservavano quella dei circoncisi (Gal. 2).

 

Di ritorno ad Antiochia, Paolo annunciò la Buona Novella e fu allora che rimproverò Pietro che, per paura dei fedeli nati nel Giudaismo, aveva cessato di frequentare i fratelli di origine pagana. Qualche tempo dopo Paolo decise di iniziare un secondo grande viaggio missionario, per visitare ed incoraggiare i fratelli nelle città precedentemente evangelizzate (dal 49 al 53). Essendo entrato in disaccordo con Barnaba, a proposito di Marco che li aveva abbandonati in Pamfilia, essi si separarono: Barnaba e Marco partirono per Cipro, mentre Paolo, prendendo con sé Silla (+ 30 luglio) partì a piedi verso il mare. Essi attraversarono la Siria e la Cilicia, dove confermarono i discepoli, per visitare Derbe, Listra e Iconio. A Listra essi si unirono a Timoteo poi, avendo la loro missione incontrato degli ostacoli in Asia e in Bitinia, andarono a Troia, dove paolo ebbe una visione che l’invitava a portare il Vangelo in Macedonia. Arrivati a Filippi, attraverso Samotracia e Neapolis (Tracia), gli Apostoli indirizzarono la parola, un giorno di sabato, a delle donne che si erano riunite fuori città per pregare. Il Signore aprì il cuore di Lidia, che si fece battezzare con tutti i suoi e offrì l’ospitalità agli Apostoli. Ma quando Paolo ebbe scacciato un demone da una schiava che dava oracoli, i suoi padroni, vedendo scomparire le loro fonti di guadagno, liberarono Paolo e Silla ai magistrati, accusandoli di gettare turbamento in città. Essi furono riempiti di botte e gettati in una buia prigione, con i piedi serrati in ceppi. Verso mezzanotte, mentre i due discepoli cantavano le lodi a Dio, un violento terremoto scosse la prigione, le catene dei prigionieri si ruppero e le porte si aprirono. Davanti a questo prodigio il carceriere chiese di ricevere subito il battesimo con tutti i suoi. Al mattino, coloro che erano andati a scioglierli, furono colpiti apprendendo che erano cittadini romani e fecero loro pubblicamente delle scuse.

 

Quando arrivarono a Tessalonica, Paolo andò come d’abitudine in sinagoga per predicare ai Giudei il Cristo resuscitato dai morti. Qualcuno tra loro si lasciò convincere insieme a alcuni pagani e talune donne dell’alta società. I Giudei avvertirono le autorità, accusando gli Apostoli di agire contro gli editti dell’imperatore proclamando un altro re: Gesù. Uscendo dalla città di notte, di nascosto, Paolo e Silla andarono a Berea (Veria), dove i Giudei accolsero con grande impressione la loro predicazione e ne seguirono numerose conversioni. Ma dei disturbi erano iniziati a Tessalonica per cui Paolo dovette partire per Atene, lasciando Silla e Timoteo dietro di lui a confermare l’opera compiuta. Arrivato nella capitale dell’Ellenismo, Paolo fu stupito nel vedere questa città piena di idoli. Egli si intratteneva con i Giudei alla sinagoga e ogni giorno sull’ << Agorà >>, con i passanti, filosofi e curiosi di ascoltare le ultime novità. Prendendo un giorno la parola, nel mezzo dell’Areopago, l’Apostolo disse loro che, percorrendo la città, aveva trovato un altare con su scritto:<< Al Dio sconosciuto >>. << Ebbene ciò che voi adorate senza conoscere io sono venuto ad annunciare >>, disse, ad alta voce. E continuò il suo discorso sul Dio Creatore del cielo e della terra, utilizzando con abilità le migliori intuizioni dei filosofi pagani relative alla vocazione divina dell’uomo. Ma quando si mise a parla re di un uomo resuscitato dai morti, i suoi ascoltatori risero di lui, tranne Dionisio Aereopagita (+ 3 ott.), una donna di nome Damaris (+ 2 ott.) e qualche altro che abbracciò la fede. Lasciando allora Atene, Paolo andò a Corinto, dove abitò nella casa di Priscilla e Aquila (+ 13 feb.), che esercitavano come lui la professione di fabbricanti di tende. Durante la settimana, guadagnò il suo pane con il sudore della sua fronte, senza approfittare del suo diritto di vivere di predicazione del Vangelo, per non essere di peso a nessuno e non dare ai suoi oppositori un pretesto per le accuse e, nel giorno di sabato, parlava nella sinagoga. Urtandosi ancora una volta con l’opposizione dei Giudei, si rivolse verso i pagani e molti Corinti si fecero battezzare. A parte rare eccezioni, Paolo non battezzava di persona poiché la sua opera era di << gettare le fondamenta >> attraverso la predicazione delle Buona Novella e lasciava ai suoi discepoli costruire il Tempio di Dio nel cuore dei fedeli e organizzare la comunità ecclesiale. In seguito egli scriverà ai cristiani di Corinto le sue due Epistole che ci sono state tramandate e forse anche altre, per rimproverarli della rivalità che li dividevano, disprezzare le pratiche che non tenevano conto della condotta evangelica e insegnare loro a fare tutto << degnamente e in ordine >> ricercando i doni spirituali, il cui coronamento è la Carità, per la loro edificazione comune, in un solo Corpo.

 

Incoraggiato a preservare nella sua predicazione, Paolo restò in questa città un anno e mezzo, fu là che scrisse la sua prima “Epistola”, indirizzata ai cristiani di Tessalonica, che si preoccupavano della sorte dei defunti al momento del ritorno glorioso di Cristo. i Giudei, insaziabili dei loro intrighi, arrivarono a portarlo avanti al proconsole d’Acaia, Gallio, ma costui rifiutò di prendere parte ad una controversia concernente la Legge e li rinviò. Prendendo finalmente congedo dai fratelli di Corinto, Paolo si imbarcò per Antiochia. Facendo sosta ad Efeso, predicò brevemente nella sinagoga e lasciò la città promettendo a coloro che l’avevano ascoltato con interessi di ritornare ben presto. In effetti, dopo aver trascorso qualche tempo ad Antiochia, ripartì per un terzo viaggio (dal 53 al 58). Avendo percorso la Galazia e la Frigia confermando la fede dei discepoli, ritornò ad Efeso per proseguire l’opera iniziata, lì trovò una dozzina di cristiani convertiti da Apollo ma che avevano ricevuto solo il Battesimo di Giovanni. Da quando furono battezzati dacché Paolo ebbe imposto loro le mani, essi si misero a profetizzare, riempiti di Spirito Santo. Per tre anni, paolo parlò ad Efeso del Regno dei Cieli e poiché si scontrava con l’opposizione dei Giudei nella sinagoga, prese da parte i discepoli e completò la loro istruzione in una sala isolata. Fu così che la Buona Novella poté propagarsi in tutta la provincia d’Asia. inoltre sosteneva da lontano, grazie alle sue lettere, i cristiani di Corinto e di Galazia Dio operava attraverso le sue mani numerosi miracoli al punto che era sufficiente applicare sui malti dei panni che avevano toccato il suo corpo perché essi fossero guariti. Un tale successo disturbava gli orafi che vivevano del culto di Artemide per cui essi si sollevarono, provocando grande confusione in città e la folla trascinò i compagni di Paolo al Teatro. Quando il tumulto finì, per paura delle autorità, Paolo decise di partire per la Macedonia, esortando i fedeli di luogo in luogo, ritornò a Corinto dove trascorse l’inverno (57 – 58). Egli corresse lì le deviazioni che aveva già condannato per lettera e fu lì che scrisse la sua grande Epistola ai Romani in cui definiva in maniera capitale la dottrina della Salvezza, come dono gratuito accordato dalla grazia di Dio, attraverso la fede in Gesù Cristo.

 

Avendo ricevuto i frutti della colletta destinata ai fratelli di Gerusalemme, pensò di andare a consegnargliele di propria mano, il giorno di Pentecoste. Avendo nuovamente suscitato i Giudei un complotto contro di lui, volle imbarcarsi per la Siria, ma lo Spirito gli disse di ritornare attraverso la Macedonia. A Troia, mentre insegnava ai fratelli, tutta la notte, dopo la celebrazione dell’Eucarestia, un adolescente di nome Eutico, trascinato dal sonno, cadde dal terzo piano. Venne preso morto ma Paolo lo resuscitò. Egli poi andò a piedi ad Asso e a Mira, poi si imbarcò per Mileto, dove gli Anziano della comunità d’Efeso andarono a vederlo. Egli annunciò loro che lo Spirito Santo l’aveva avvertito che catene e tribolazioni l’attendevano a Gerusalemme, ma aggiunse:<< Non tengo in alcun conto la mia vita, prima che io abbia condotto a buon fine la mia corsa e il Ministero che ho ricevuto dal Signore Gesù: rendere testimonianza al Vangelo della grazia di Dio >>. Poi, ricordando loro il lavoro che aveva fatto per la fondazione della loro Chiesa, li esortò a sacrificarsi per l’edificazione dei fedeli e, dopo aver pregato in ginocchio, tutti si gettarono, singhiozzando, al collo di Paolo per dirgli addio.

 

Passando per Kos, Rodi e Patara. l’Apostolo fece sosta a Tiro per istruirvi i fedeli, poi partì per Ptolemaide e continuò a piedi fino a Cesarea di Palestina, dove fu ricevuto nella casa di Filippo il Diacono (+ 11 ott.). Malgrado gli avvertimenti del profeta Agabo, continuò il suo cammino volontario verso Gerusalemme, dicendo ai suoi compagni che egli era pronto non solo ad essere arrestato ma anche a morire a Gerusalemme per il Nome del Signore.

 

Egli fu accolto con gioia dai fratelli della Città Santa e, avendo riunito gli Anziani a casa di Giacomo, egli espose in dettaglio tutte le sue missioni tra i pagani e diede loro il denaro raccolto tra le giovani comunità per andare in aiuto ai poveri di Gerusalemme.

 

Avvertito dagli Apostoli che i Giudei lo accusavano di aver abbandonato la Legge, si unì allora ad un gruppo che, per voto, andava ad offrire un sacrificio al Tempio. Allorché finirono i sette giorni del voto. i Giudei d’Asia scoprirono Paolo nel Tempio, eccitarono la folla e misero le mani su di lui accusandolo di predicare dappertutto contro il Tempio e le prescrizioni giudaiche. Venne trascinato fuori dal Tempio cercando di ucciderlo ma dei soldati intervennero a liberarlo e lo portarono fino ai scalini salendo la fortezza Antonia. Paolo, rivolgendosi in aramaico al popolo, riuscì ad imporre il silenzio e raccontò la sua conversione ma quando menzionò la sua missione presso i pagani la folla urlò:<< Togliete dalla terra un simile individuo! Egli non è degno di vivere! >>. Il tribuno ordinò di rimettere a lui la questione, ma avendo rivelato Paolo di essere cittadino Romano, fu risparmiato. All’indomani compariva avanti al Sinedrio e dichiarò di essere stato imprigionato per la sua speranza nella Resurrezione. Queste parole suscitarono una disputa tra Sadducei e Farisei, che erano infatti divisi su questa questione, ed egli venne ricondotto alla fortezza. Il Signore gli apparve la notte seguente e gli disse:<< Coraggio! Così come Mi hai reso testimonianza a Gerusalemme, è necessario che allo stesso modo tu lo faccia a Roma >>. Il tribuno, avendo appreso che i Giudei avevano fomentato un complotto per ucciderlo, fece trasferire Paolo, sotto scorta a Cesarea dove risiedeva il procuratore Felice. Il gran sacerdote e alcuni anziani andarono a deporre contro di lui, ma Paolo dimostrò che la sua condotta non era in alcun modo condannabile, né riguardo alle leggi romane né a quelle Giudaiche. Felice rimandò la questione fino al ritorno del tribuno Lisia, e nel frattempo, andò con la sua donna ad ascoltare il prigioniero parlare del Signore Gesù, ma quando Paolo ricordò la penitenza ed il Giudizio del futuro, Felice lo rinviò spaventato. L’Apostolo restò due anni prigioniero a Cesarea, finché Porcio Festo, successore di Felice (60) volle trasferirlo a Gerusalemme per essere giudicato, ma Paolo si appellò all’Imperatore in qualità di cittadino romano. Egli comparve avanti al re Agrippa, venuto a Cesarea per salutare Festo e, dopo aver ascoltato la sua apologia, che poteva essere rilasciato qualora nn avesse fatto appello a Cesare.

 

Imbarcati con la scorta di soldati e alcuni discepoli, arrivarono a Mira, in Licia, ove trovarono una nave in partenza per l’Italia. È con gran fatica che arrivarono a sud di Creta e, non volendo passarvi lì l’inverno, ripresero la rotta malgrado gli avvertimenti di Paolo. Poco dopo la nave fu colpita da una violenta tempesta. Allorché avevano perso ogni speranza di salvezza, Paolo annunciò che un Angelo gli era apparso per avvertirlo che Dio gli accordava salva la vita, insieme a tutti i passeggeri, poiché conveniva che egli arrivasse a Roma. Dopo 14 giorni, la nave arrivò a Malta, dove i naufraghi poterono trascorrere l’inverno. Essi ripresero il mare tre mesi più tardi e, passando da Siracusa e da Reggio, arrivarono al porto di Pozzuoli, da lì raggiunsero Roma a piedi, per la via Appia. Alcuni fratelli, informati del suo arrivo, andarono incontro all’illustre prigioniero e, raggiunta la capitale, Paolo poté godere di un regime di favore, alloggiando in un appartamento, dove poteva liberamente ricevere visitatori. Fu durante questa detenzione di due anni che scrisse le sue Lettere alle Chiese di Colossi (Filippi) ed Efeso, in cui evocava tutta la profondità del MISTERO di Cristo, celato in Dio dall’origine e rivelato alla fine dei Tempi, affinché in Lui, in cui tutta la pienezza della divinità abita corporalmente, tutti gli esseri, sia sulla terra che nei cieli, siano riconciliati attraverso la Croce e affinché gli uomini divengono figli adottivi di Dio attraverso la Grazia del Santo Spirito. Prescrivendo instancabilmente a tutte le Chiese di fare tutto secondo ordine e carità, l’Apostolo esortava i suoi discepoli a rivestire l’UOMO NUOVO, affinché crescendo nella carità e nella verità del Vangelo verso Colui che è “il Capo” essi realizzassero la pienezza del Corpo di Cristo. Essendo terminato il processo avanti all’imperatore con un non colpevole, Paolo venne liberato e, da Roma egli andò forse in Spagna come da molto tempo desiderava (cf. Rom. 15,24) [7]. Sembra che successivamente abbia fatto un altro viaggio in Oriente, passando da Creta, dall’Asia Minore, Tracia e Macedonia, come testimoniano le sue lettere a Timoteo e Tito.

 

Arrestato nuovamente (67) in circostanze rimaste sconosciute, fu condotto a Roma, solo con Luca, e sottoposta ad una reclusione ancora più terribile che al tempo della sua prima prigionia.

 

Dalla sua prigione, insalubre, fredda, tenebrosa e umida, l’Apostolo scriveva:<< Il momento della mia penitenza è venuto, ho combattuto fino alla fine il buon combattimento, ho completato la mia corsa. Ed ecco che è preparata per me la Corona di giustizia … >> (Tim. 4,7). Dopo essere stato sottoposto a processo in quanto cittadino romano fu decapitato, sulla strada di Ostia, a poca distanza dalla Città. Si racconta che l testa dell’Apostolo rimbalzò tre volte al suolo e che tre sorgenti sgorgarono lì [8].

 

Note:

 

1) Da questa famosa promessa di Cristo gli apologisti R.cattolici hanno tirato fuori gli argomenti per la loro pretesa del papa di Roma su una giurisdizione universale, al di sopra degli altri vescovi. Ma per i santi Padri, sia greci che latini, non è sulla persona di Pietro ma sulla << pietra >> della sua confessione di fede nella divinità del Cristo che il Signore ha promesso di fondare la sua Chiesa; cosicché a tutti coloro che lo confesseranno, come Pietro, promette di donare le << chiavi >> del Regno dei Cieli, in particolare ai vescovi che si siederanno sulla “cattedra” di Pietro, essendo donato che tutte le Chiese locali posseggano la stessa pienezza di grazia (cattolicità). In realtà non si è mai messa in discussione il primato del vescovo di Roma, riconosciuto da tutte le Chiese antiche, poiché Pietro ha fondato anche altre Chiese, come quella d’Antiochia, ma a Roma si riconosceva l’Apostolicità di questo seggio e il fatto di essere notoriamente capitale dell’Impero (Concilio di Calcedonia). Questo primato non aveva alcun carattere di giurisdizione universale ma consisteva soltanto in una << presidenza d’onore >> per il buon ordine degli affari ecclesiastici.

 

2) La lista delle città evangelizzate da san Pietro, che è stata preservata nella tradizione agiogarafica, è nata da fonti apocrife, in particolare quelle le “Omelie” attribuite a san Clemente di Roma. La dottrina di questi testi è stata rigettata ma si è potuto per essi conservare il ricordo dei luoghi effettivamente evangelizzati dall’Apostolo o dai suoi discepoli

 

3) Poiché Pietro non fu mai vescovo di Roma, essendo la missione apostolica distinta dal ministero episcopale.

 

4) Più ancora delle precedenti queste tappe sono IMPROBABILI.

 

5) Sembra che Pietro subì il martirio durante la terribile persecuzione di Nerone del 64, dando ai cristiani la responsabilità del grande incendio che avrebbe distrutto la città. Gli storici dell’epoca (Tacito) che ai soliti supplizi il tiranno aggiungesse ulteriori derisioni: alcuni morivano sbranati dai cani dopo essere stati di pelo animali ed altri, tra cui san Pietro, furono attaccati alle croci in giardini vicino al circo, sulla collina del Vaticano e, arrivata la notte, furono bruciati come torce notturne, per divertire gli invitati dell’imperatore.

 

6) Cioè Giudei della << dispersione >>, che parlavano greco.

 

7) Il racconto degli Atti degli Apostoli si interruppe alla prigionia di Paolo a Roma.

 

8) Le teste dei Santi Apostoli Pietro e Paolo sono conservate nella Basilica di San Giovanni in Laterano; una parte del corpo di san Paolo si trova sotto l’altare della Basilica di San Paolo fuori le Mura e l’altra, con il corpo di San Pietro, sotto l’altare della Basilica di San Pietro in Vaticano. La festa di oggi commemora, dal IV sec., il trasferimento del corpo dei Due Corifei alla catacomba di San Sebastiano, sulla via Appia, per sfuggire alla profanazione durante le persecuzioni di Valeriano, 258. Ritornata la calma, il Papa Silvestro li restituì alla loro sepoltura d’origine.