- 06: Memoria di San Doroteo, Vescovo di Tiro
Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo – Napoli
Non si conosce l’esatta provenienza del Santo Ieromartire Doroteo. Arcivescovo di Tiro in Fenicia, gerarca molto saggio e temperante, si distinse per la sua profonda formazione teologica e la piena conoscenza della Scrittura. Durante la persecuzione contro i Cristiani al tempo di Massimiano e Licinio (286-323), su pressante richiesta del suo gregge, fu costretto a fuggire a Odissopoli in Tracia (l’odierna Varna), dove rimase fino alla morte di quelli. Dopo essere tornato nella sua diocesi, riprese a governare il suo gregge con cura paterna, insegnando e sostenendo la fede degli incerti e le condizioni di vita di vedove, orfani, malati, afflitti.
Partecipò al I Concilio Ecumenico di Nicea di Bitinia, nel 325, e la sua vita e il suo operato continuarono per tutto il regno di Costantino il Grande. Riprese le persecuzioni sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata, si rifugiò di nuovo in Tracia ma, catturato dagli idolatri, fu torturato con durezza, terminando la sua vita con il martirio a Odissopoli (o, secondo Teofilatto di Bulgaria, a Edessa), nel 362, all’età di 107 anni.
- 06: SAN MARCO DI SMIRNE, NEOMARTIRE CHE DIVENTÒ CRISTIANO NELLA CHIESA ORTODOSSA DI SAN GIORGIO DEI GRECI A VENEZIA
Il santo neomartire Marco nacque a Smirne. Di professione venditore ambulante, viaggiava spesso tra Kusadasi (Nuova Efeso), Chios, e aree limitrofe. Era sposato. Un giorno, su consiglio di suo fratello, si trasferì ad Efeso. Qua iniziò a frequentare una donna cristiana, Maria, tradendo la propria moglie. Ella tuttavia lo consegnò all’Aga, e una notte fu colto in fragrante. La mattina, dinnanzi ad un tribunale, entrambi si convertirono all’Islam. Marco fu circonciso e venne adottato dall’Aga, mentre la donna entrò nel suo harem. In seguitò l’Aga la lasciò libera di tornare a casa, versandole un sussidio.
In quanto figlio dell’Aga, Marco si comportò in modo crudele con i cristiani, fino a quando la sua coscienza non iniziò a tormentarlo. Così si rivolse ad un esperto confessore Ortodosso. All’inizio questo padre spirituale si rifiutò di accoglierlo, temendo che la sua confessione potesse non essere sincera. Tuttavia, le lacrime e l’insistenza di Marco finirono col convincerlo. Anche Maria si rivolse allo stesso padre spirituale, e decisi a lasciare Kusadasi i due si rivolsero al proprio padre spirituale in cerca di aiuto. Nove mesi erano passati dalla loro conversione, ed egli suggerì alla donna di fingersi malata. Il medico che la ‘esaminò’, un amico del padre spirituale, disse che si poteva curare solo a Smirne. L’Aga concesse a Maria di partire assieme a Marco, ma ben presto realizzò il loro inganno, e spedì un messaggero del Pascià di Smirne a catturarli. Marco trovò una nave in partenza per Trieste, e lui e Maria s’imbarcarono. Superati alcuni ostacoli, furono costretti a sbarcare a Venezia. Qua, ricevuta la Santa Cresima nella chiesa ortodossa di san Giorgio dei Greci, rientrarono in seno alla Chiesa, e il loro matrimonio venne consacrato (la moglie legittima di Marco doveva già essere morta). Vissero nel pentimento e nella contrizione.
In seguito, tuttavia, poiché il santo faticava a trovare pace per via della sua passata apostasia, viaggiò con la sua famiglia, spingendosi fino in Russia. Alla fine ritornò in territori occupati dai turchi e confessò a molti padri spirituali – metropoliti e patriarchi – il suo desiderio di ricevere il martirio. Tutti cercarono di dissuaderlo, ricordandogli quanto pericoloso sarebbe stato per lui e tutti gli altri cristiani, e che poteva salvarsi con il pentimento. Il suo ardente desiderio di testimoniare la Fede, tuttavia, lo spinse a tornare a Kusadasi, dove un tempo aveva rinnegato Cristo. Il padre spirituale non gli diede la sua benedizione per essere martirizzato nella città, perché già il martirio del santo neomartire Giorgio (5 aprile) aveva già fatto infuriare i turchi in passato, e si stava allora completando una chiesa in suo onore.
Per questo motivo, Marco partì alla volta di Chios. Qui, dopo una lunga preparazione spirituale, si presentò al cospetto dell’Aga. Quando quest’ultimo gli chiese che cosa desiderasse dal tribunale, egli rispose: “Sono un cristiano di nome Marco. Le mie radici sono a Salonicco, ma sono nato a Smirne da genitori cristiani.” Il santo continuò la sua professione di Fede e la sua predica contro l’Islam. Prese poi la croce che aveva al petto e dopo averla venerata gettò a terra il turbante che portava in testa, sostituendolo con un copricapo dal Monte Athos. Stupito, l’Aga l’apostrofò: “Uomo, sei forse pazzo o ubriaco?”. Il santo rispose: “Non sono né pazzo né ubriaco, anzi: ho digiunato.” L’Aga cercò di persuaderlo, ma Marco rispose che era pronto a versare il suo sangue per Cristo. L’Aga quindi lo imprigionò, mise catene ai suoi piedi, e lo legò ad un cavalletto. Le guardie, colme d’odio, entrarono nella cella ed iniziarono ad aggiustare il cavalletto, in modo da arrecargli maggiore dolore. Lo presero poi a calci, finché il santo non iniziò a perdere sangue dalla bocca. Nonostante tutto questo, egli continuava a ringraziare Dio per la passione che stava soffrendo. Alcuni cristiani decisero di raggiungere il santo in prigione, per fargli forza. Gli dissero molte cose per rincuorarlo spiritualmente, in modo che potesse completare il suo martirio. La chiesa locale si assicurò inoltre che il santo potesse ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo in prigione. Seguì una seconda udienza in tribunale, tra promesse e minacce. Il santo redarguì i giudici e li supplicò di credere in Cristo. Questo li fece montare su tutte le furie, cosicché decisero di punire il santo facendolo penzolare dalle scale, mentre le guardie lo percossero e inflissero su di lui svariate torture. Per tutto il tempo il santo recitò preghiere e le parole “Signore, accetta chi ti ha rinnegato.”
Sin dal primo giorno in cui Marco fu imprigionato, e durante la sua tortura, molti cristiani si dettero al digiuno più stretto e alla preghiera. Le chiese officiarono la Liturgia tutti i giorni, e la Paraklesis fu recitata sia negli edifici sacri che a casa per dare forza al martire. Il santo stesso supplicò i cristiani di pregare e di non cercare di dissuaderlo dai suoi intenti. Anticipando la sua morte, chiese il perdono e le preghiere di tutti; ringraziò coloro che aveva davanti, e porse i suoi rispetti ai sacerdoti.
Alla fine le guardie trassero Marco dalla prigione e, tra spinte ed insulti, lo condussero al tribunale. Tutti gli Aga e i Mufti erano radunati. Dopo questa sua terza confessione, il 5 giugno 1801, Marco fu condannato a morte per spada. Lasciò il tribunale colmo di gioia, e con un volto radioso. Legato mani e piedi, accorse al patibolo come se non stesse camminando sulla terra. Persino le guardie lo notarono: demoni stavano certo sollevando quest’uomo, dissero, se per tenersi al passo con lui erano costretti a correre. Il giudice e le guardie, armati di bastone, faticarono a tenere a distanza la folla che si era radunata per assistere alla lotta del martire. Raggiunto il patibolo, il santo s’inginocchiò pieno di gioia e disse al boia: “Avanti, colpisci”. Impacciato, questi non riuscì a decapitare il santo con un colpo solo, ma perse la spada. Il santo cadde immobile, senza una lacrima o un grido. Il boia afferrò di nuovo la spada e decapitò il santo con una sequenza di colpi rapidi. I cristiani lodarono Dio.
Molti accorsero nelle chiese, dove esultarono, recitando inni ai martiri. Con uno slancio inarrestabile, e senza badare a spese, ognuno lottò per accaparrarsi qualcosa appartenuto al martire, dalla terra bagnata con il suo sangue ad un frammento del suo vestiario.
La santa, odorosa reliquia venne acquistata dai cristiani ad alto prezzo, e seppellita. Una porzione della reliquia del Santo si trova nel santo Monastero di San Nicola ad Imerovigli.
La passione del santo neomartire Marco fu seguita da stupefacenti miracoli, ai quali si fa riferimento nel suo Synaxarion.