06.07: IL SAN VALENTINO ORTODOSSO 

testo inglese tradotto da Joseph Giovanni Fumusa

Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2011/02/orthodox-saint-valentine.html

L’antico martirologio della Chiesa di Roma segna il 14 Febbraio come giorno in cui si fa memoria del “martire Valentino, presbitero di Roma”. Sfortunatamente, i dati storici riferiti al Santo sono incompleti.

Il Martirio del Santo a Roma

San Valentino visse a Roma nel III secolo; fu un sacerdote che prestava aiuto ai martiri durante le persecuzioni dell’Imperatore Claudio II il Gotico. Le grandi virtù e le attività catechetiche del Santo divennero note e, per questo motivo, fu arrestato e portato dinanzi la corte imperiale.

“Perché, Valentino, vuoi essere amico dei nostri nemici e rigetti la nostra amicizia?” gli chiese l’Imperatore.

Il Santo rispose: “Mio signore, se conosceste il dono di Dio, sareste lieti assieme al vostro impero, rigettereste l’idolatria e adorereste il vero Dio e Suo Figlio, Gesù Cristo.”

Uno dei giudici fermò il Santo e gli chiese cosa pensasse di Giove e Mercurio. Valentino rispose senza mezzi termini: “Sono dei miserabili che hanno trascorso la propria vita nella corruzione e nella vergogna!”

Il giudice urlò furiosamente: “Costui bestemmia gli dei e l’impero!”

L’Imperatore, tuttavia, continuò porgli domande con curiosità, trovando una gradita opportunità di apprendere quale fosse la fede dei cristiani. Valentino trovò il coraggio di spingerlo a pentirsi per il sangue dei cristiani che era stato versato. “Credete in Gesù Cristo, accettate il battesimo e sarete salvati e d’ora innanzi la gloria del vostro impero sarà assicurata così come il trionfo dei vostri eserciti.”

Claudio si convinse e disse ai presenti: “Quale magnifico insegnamento predica quest’uomo!”

Il governatore della città, amareggiato, iniziò a gridare: “”Vedete come questo cristiano ha ingannato il nostro Principe.”

Quindi Claudio portò il Santo presso un altro giudice. Questi si chiamava Asterios ed aveva una figlia cieca da due anni. Sentendo di Gesù Cristo, di come Egli fosse la Luce del Mondo, chiese a Valentino se potesse donare quella luce alla figlia. San Valentino pose le proprie mani sugli occhi della bambina e pregò: “Signore Gesù Cristo, vera Luce, illumina questa bambina cieca.” Quale grande miracolo! La bambina riacquistò la vista! Il giudice, assieme alla sua famiglia, confessò Cristo. Dopo aver digiunato per tre giorni, distrusse gli idoli che si trovavano in casa e finalmente ricevette il Santo Battesimo.

Quando la notizia su questi avvenimenti giunse all’Imperatore, questi inizialmente pensò di non punirli, credendo che potesse apparire debole di fronte ai cittadini, obbligandolo così a tradire il suo senso di giustizia. Quindi San Valentino assieme ad altri cristiani, dopo essere stati torturati, furono decapitati il 14 Febbraio dell’anno 268 (o 269).

 

Le Reliquie del Santo ad Atene

Dopo il martirio, alcuni cristiani recuperarono il corpo del Santo e misero un po’ del suo sangue in una fiala. Il corpo del Martire fu spostato e sepolto nelle Catacombe di Santa Priscilla, luogo di sepoltura della maggior parte dei martiri. Lungo gli anni, il Santo fu in qualche modo “dimenticato” poiché ogni giorno, per decenni, venivano sepolti nuovi martiri in queste catacombe. La memoria del martirio di Valentino rimase tuttavia forte, particolarmente presso la locale Chiesa di Roma. Ufficialmente la memoria di S. Valentino fu stabilita nel 496 dal Santo Papa Gelasio.

Dopo quindici secoli giungiamo al 1815, quando la divina intenzione fu di “disturbare” l’eterno riposo del Santo. Le reliquie furono allora donate dal Papa ad un gentile sacerdote italiano (secondo gli usi di quell’epoca). Dopo di ciò, le reliquie “si persero” nuovamente fino al 1907, quando le ritroviamo a Mitilene, nella cattolica Chiesa di Nostra Signora. Pare che, alla morte del sacerdote, un suo discendente abbia ereditato le reliquie e che fosse emigrato a Mitilene, ai tempi una fiorente colonia di cristiani cattolici dell’Europa occidentale. Lì rimasero fino al 1990, quando furono trasferite ad Atene nella Chiesa dei Santi Francesco e Chiara, la chiesa della comunità italiana, dove si trovano tutt’ora.

 

San Valentino il Greco

Bisogna premettere che non vi sono notizie sufficienti sull’origine etnica del Santo, sebbene vi siano delle (tracce di) prove che il Santo fosse di origine greca. Ad esempio, la prima raffigurazione del Santo riportante l’iscrizione “O ΑΓΙΟC BAΛΕΝΤΙΝΟC”, in greco, si trova nella Chiesa di Santa Maria Antiqua, del VI secolo, che era la parrocchia dei greci a Roma. In questa chiesa i veneravano in particolar modo i santi di origine greca o, più generalmente, orientale. La decorazione ed il restauro della chiesa furono ordinati dal Papa greco Giovanni VII (705-707) e completati dai suoi successori, incluso l’ultimo Papa greco, Zaccaria (741-752). Probabilmente non è un caso che, dopo diciassette secoli, i resti siano giunti in Grecia. La questione necessita di ulteriori ricerche.

 

San Valentino: Patrono degli innamorati

Oltre agli scarsi dati storici che abbiamo riguardo la vita di Valentino, vi sono molte leggende, tra cui quella che lo indica come il santo patrono degli innamorati.

Il Santo aveva la fama di pacificatore e un giorno, mentre coltivava le rose nel proprio giardino, udì una coppia discutere in maniera accesa. Ciò sconvolse il Santo, il quale recise una rosa e si avvicinò alla coppia chiedendo di essere ascoltato. Sebbene fossero scoraggiati, obbedirono al Santo e successivamente fu offerta loro una rosa che li benedisse. Immediatamente tornò l’amore tra i due che successivamente chiesero al Santo di benedire il loro matrimonio. Un’altra tradizione dice che una delle accuse mosse contro Valentino fosse quella di non aver rispettato gli ordini dell’imperatore, secondo cui agli uomini che non avevano adempiuto agli obblighi del servizio militare non era permesso sposarsi; al contempo il Santo aveva benedetto i matrimoni tra alcuni giovani soldati cristiani e le rispettive mogli.

Oltre a tutto ciò, l’averlo scelto come “santo degli innamorati” è probabilmente da associarsi con la festa pagana dei Lupercalia, una festa della fertilità, celebrata dai romani il 15 Febbraio. Altri collegano la celebrazione di questa festa con l’accoppiamento dei volatili che avviene durante questo periodo dell’anno. Di certo, comunque, il Santo non ha nulla a che vedere con il commercio (e il marketing ad esso relativo) di fiori, regali e centri secolari che banalizzano quel grande dono di Dio che è l’Eros.

 

San Valentino e l’Ortodossia

Molti, tuttavia, obiettano il fatto che San Valentino non è menzionato da nessuna parte nel calendario della Chiesa Ortodossa. Infatti, nel calendario della Chiesa, il 14 Febbraio si fa memoria dei Santi Aussenzio e marone e dei martiri Nicola e Damiano. La spiegazione è semplice: anticamente gli elenchi agiografici, le biografie ed i martirologi furono scritti per essere principalmente utilizzati localmente e la fama e la reputazione che un santo ha a livello locale non è indice che queste si siano diffuse uniformemente in tutta la Chiesa. Quindi ci potrebbero essere santi molto onorati in una regione che sono dei completi sconosciuti in un’altra; un caso, ad esempio, è quello di S. Demetrio, noto in tutta la Chiesa orientale eppure non viene onorato affatto in Occidente, dove è pressoché sconosciuto, ma ciò non vuol dire che non sia un santo. Un altro esempio della Chiesa contemporanea: San Chrisostomos di Smirne (+ 1922) che è noto in Grecia, ma è totalmente sconosciuto in Russia, ma ciò non vuol dire che non sia un santo.

 

Onorare i martiri – Imitare i martiri

Onoriamo i nostri santi e S. Valentino quando imitiamo il loro coraggio nel proclamare la loro fede in Cristo il Salvatore, cosa che hanno fatto anche a costo delle loro proprie vite. Li onoriamo quando li supplichiamo di chiedere a Dio di avere misericordia di noi e di perdonare i nostri tanti peccati. Li onoriamo quando ne facciamo il nostro modello di vita in Cristo. Non onoriamo i santi quando misuriamo il loro “valore” con festività e divertimenti terreni neanche nelle circostanze migliori… Onorare i martiri è imitare i martiri!

 

 

 

  • 06.07: Memoria dei Santi Apostoli Filemone, Archippo e Onesimo

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

I Santi Apostoli Filemone, Archippo e Onesimo nutrivano un caldo amore per il nostro Signore Gesù Cristo e una devozione perfetta al Suo Vangelo. Così, quando fu ordinato loro di rinnegare Cristo e di sacrificare agli idoli, tutti e tre, con una sola voce, risposero con le parole divinamente ispirate dell’Apostolo Paolo: “Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore.”(Romani 14, 7-8). Cioè, nessuno di quelli che credono in Lui vive per se stesso e nessuno muore per se stesso. Perché se vivono, vivono per lavorare nel Signore, e se muoiono, muoiono sottomettendosi alla volontà del Signore. Sia che vivano che se muoiano, sono posseduti dal Signore.

Mettendo dunque tutto questo in pratica, i tre morirono da martiri. Filemone con una crocifissione, Archippo per le ferite riportate dopo essere stato trascinato da un cavallo selvaggio, tra pietre e spine. Onesimo fu decapitato con una spada.

 

  • 06.07: Memoria di San Sisoe, il grande

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

San Sisoes rifulse per la sua saggezza spirituale, l’umiltà e l’amore per i fratelli. Grande e rinomato tra gli asceti d’Egitto, visse nel IV secolo a Scete, in Nitria. Dopo la morte di sant’Antonio il Grande, lasciò Scete per vivere nella grotta di questi, dicendo queste parole famose: «E così nella grotta di un leone, una volpe fa la sua dimora». Tra gli asceti divenne famoso quale esempio di continenza e di continua preghiera per tutti, giusti e ingiusti, ricchi e poveri, persone importanti e gente comune, chierici e laici. Era sulla terra, ma la sua vita era celeste, sollevato al di sopra della carne, reso perfetto dalla divina Comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo e dalla grazia dello Spirito Santo. La sua memoria è un modello per coloro che vogliono che la vita ascetica sia veramente e propriamente ascetica, non solo per la forza del corpo, ma anche con la rigenerazione spirituale e la luce della virtù.

 

  • 06.07: SANTA VERGINE MARTIRE LUCIA, REZIO IL VICARIO E I 24 MARTIRI DI CAMPANIA.

testo inglese tradotto da Joseph Giovanni Fumusa

Tratto da: https://www.johnsanidopoulos.com/2015/07/sts-lucia-virgin-martyr-rexius-vicarius.html

Lucia (Loukia),1 santa vergine, fu una cristiana originaria della Campania, catturata nel 301 da Rezio Vicario.2 La sollecitò a offrire sacrifici agli idoli e ad abiurare Cristo. Non solo fallì nel convincerla, ma fu da lei convertita alla Fede di Cristo. Per questo motivo ebbe grande considerazione di lei e le trovò un luogo tranquillo in cui abitare, dove la santa si dedicò al digiuno ed alla preghiera.

Presto Lucia tentò di convincere Rezio ad abbandonare il suo incarico di vicario e diventare, con lei, martire di Cristo. Rezio fu convinto e partì con essa, lasciandosi dietro moglie, figli, ricchezze ed ogni gloria terrena e temporale.

Dopo essere stati catturati da alcuni pagani, entrambi si rivolsero a Cristo, confessandoLo come vero Dio innanzi all’empio governatore. Questi li condannò alla decapitazione e, in questo modo, furono incoronati con l’eterna corona della vittoria per aver patito il martirio.

Quel giorno, insieme ad essi, furono decapitati altri santi martiri, inclusi i SS. Anatolio, Antonino, Lycias, Neade, Serino, Diodoro, Dione, Apollonio, Apamo, Pappiano, Cozio, Orono, Papico, Satiro, Vittore ed altri nove; assieme ai Santi Lucia e Rezio, dunque, altri venti quattro patirono il martirio.

 

Note:

1.: Non si confonda questa santa con l’altra Santa Lucia, originaria di Siracusa, di cui la Chiesa fa memoria il 13 dicembre

2.: Quando Diocleziano (284-305) suddivise l’impero in diocesi, ognuna di queste fu affidata ad un vicario. Il vicario fungeva da giudice d’appello nei tribunali dei governatori provinciali della propria diocesi ed avevano la supervisione generale sull’amministrazione della stessa.