• 06: Memoria di San Cirillo, arcivescovo di Alessandria

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo – Napoli

San Cirillo nacque ad Alessandria di Egitto nel 370, in una ricca famiglia della comunità greca della città. Nipote dell’Arcivescovo Teofilo, Cirillo ricevette una notevole formazione teologica, cui si accompagnò una intensa esperienza spirituale, maturata nel tempo trascorso con i monaci di Nitria. Salì al trono arcivescovile di Alessandria nel 412. Nel 429, venuto a conoscenza degli insegnamenti del nuovo Patriarca di Costantinopoli Nestorio, cercò dapprima attraverso lettere private di indurlo a rinunciare alle sue affermazioni eretiche intorno all’incarnazione del Signore. Tuttavia, a causa dell’insistenza di Nestorio nell’errore, diventò aperto oppositore dei suoi insegnamenti in nome dell’Ortodossia, insieme al Papa di Roma Celestino. Durante il Terzo Concilio ecumenico di Efeso, convocato dall’Imperatore Teodosio il Giovane nel 431, Cirillo nel suo ruolo di presidente fu determinante nella condanna da parte dei 200 Padri sinodali delle teorie dell’eretico Nestorio, che arrivavano a modificare il ruolo della santissima Sovrana nostra la Theotokos. Nestorio da parte sua, sebbene ad Efeso, chiamato a dar conto di persona delle sue dottrine, si rifiutò di presentarsi. Delle tre lettere che Cirillo gli aveva scritto, la seconda e la terza furono approvate in quel Concilio, come anche in quello di Calcedonia del 451 e nel secondo di Costantinopoli del 553.

Oltre ad avere sconfitto l’eresia di Nestorio, San Cirillo ha lasciato come eredità alla Chiesa varie opere: tra le altre, uno splendido commento del Vangelo di Giovanni, oltre a commenti sui Profeti minori e sulla Lettera ai Romani.

Dopo una intensa vita di traguardi e lotte spirituali, San Cirillo consegnò in pace la sua anima al Signore nell’anno 444 (questo noi commemoriamo oggi; il 18 gennaio si ricorda la traslazione delle sue reliquie). Aveva svolto il suo ruolo di Patriarca per ben 32 anni.

In modo suggestivo, sant’Anastasio il Sinaita lo qualifica come “Sigillo dei Padri”.